Era attesa dai mercati e anche dagli osservatori politici abituati a maneggiare i sondaggi. Nessuno si aspettava che le elezioni legislative in Venezuela finissero in un altro modo. Ma un conto sono le previsioni, un altro è accettare dopo 16 anni di Governo ininterrotto la prima sconfitta del chavismo.
Ciò non toglie che la sconfitta sia stata cocente, e segna un finale di partita senza molta gloria per il Venezuela che arriva subito dopo la sconfitta del peronismo in Argentina con la fine dell’egemonia decennale dei Kirchner (leggi qui l’approfondimento di Online Sim). Due elementi di discontinuità geopolitica dell’America Latina che vanno ad affiancarsi alla crisi politica ed economica che attanaglia il governo di Dilma Rousseff in Brasile (leggi qui l’approfondimento di Online Sim): è evidente che nell’area i venti di cambiamento stiano soffiando forte e porteranno a scelte economiche differenti rispetto al passato.
La disfatta chavista in Venezuale è senza dubbio il fenomeno politico più rilevante: è stata infatti la prima vittoria elettorale di Hugo Chavez nel 1998 che ha dato inizio all’ondata di governi progressisti latinoamericani. Dopo è arrivato Lula da Silva in Brasile (2002), Nestor Kirchner in Argentina (2003), Evo Morales in Bolivia (2006) e Rafael Correa in Ecuador (2006).
Grazie a Chavez e al petrolio questo gruppo di leader regionali ha tessuto una rete di alleanze che ha portato a una modifica sostanziale del panorama istituzionale latinoamericano. Con Chavez l’America Latina ha aperto ai paesi arabi, all’Iran, alla Russia e alla Cina, per sottolineare la distanza politico ideologica dall’America. Con la fine del chavismo viene meno il cosiddetto “asse bolivariano”, soprattutto perché arriva subito dopo la sconfitta del peronismo in Argentina e mette nei guai, una volta di più, Dilma Rousseff, che già affronta una grave crisi economica ed istituzionale.
IDEE DI INVESTIMENTO
Non c’è dubbio che adesso la sfida del Tavolo di Unità Democratica, che con la sigla Mud ha vinto le elezioni, sia di raddrizzare l’economia del Paese. Finora chi ha investito nell’area non ha portato a casa grandi risultati: stando all’analisi dei principali indici azionari America Latina da inizio anno sono in calo del 18% (-31,8% a tre anni) e in media il podio dei migliori fondi da inizio anno perde il 13%. Ecco quali sono i fondi che hanno contenuto meglio le perdite
- Henderson Gartmore Fund Latin American R€ Acc che perde il 13,2% da gennaio a novembre 2015 (-10,8% a tre anni) è gestito da Glen Finegan è punta su beni industriali, di consumo e finanza.
- AXA World Funds Framlington LatAm F Capitalisation EUR perde il 13,8% da gennaio (-9,11% a tre anni) è gestito da Julian Thomson e ha in portafoglio in prevalenza finanza e beni di consumo difensivi.
- T. Rowe Price Funds SICAV – Latin American Equity A USD che è gestito da Verena Wachnitz, perde da gennaio il 15,3% (-12,3% a tre anni) e investe in prevalenza in finanza e beni di consumo.
La spinta venezuelana può però far ripartire l’area. Ecco quali sono le sfide del nuovo Governo:
- Il calo delle quotazioni del petrolio dovuto anche alla politica dell’Opec pesa come un macigno sull’economia e sulla capacità del governo di far fronte al suo debito pubblico: l’export di Caracas dipende per il 95% dall’oro nero, che forma più della metà degli introiti pubblici.
- Il bilancio pubblico del Venezuela è stato fatto assumendo un prezzo del petrolio a 60 dollari al barile, nel corso del 2015, mentre siamo intorno ai 40 dollari. Secondo gli analisti, per riportare i conti in utile il prezzo ideale è che il barile sia sopra i 100 dollari, mentre ogni dollaro in meno sul prezzo costa al Paese nuove perdite.
- La svalutazione della valuta locale nei confronti del dollaro: alla fine di ottobre servivano circa 900 bolivar per un biglietto verde, l’850% in più rispetto allo stesso periodo dell’anno prima.
Note
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