Il mese di aprile 2025 ha offerto uno specchio dai contorni mutevoli, in cui l’interazione fra spinte monetarie, tensioni geopolitiche e fenomeni settoriali ha disegnato un quadro intricato, ricco di spunti operativi per i risparmiatori.
Materie prime: male petrolio e gas, continua la corsa dell’oro
Aprendo l’asse di lettura sui mercati delle commodity, si nota subito come il gas naturale statunitense abbia subito un tonfo dell’ordine del 23%. Questo corroborato da un’offerta ancora abbondante al termine della stagione fredda e da un riallineamento dei prezzi forward su livelli più contenuti. Nel contempo, il Brent ha ceduto oltre il 18%, riflettendo non soltanto un rallentamento della domanda asiatica, ma anche un lieve allentamento delle sanzioni sui trasporti via mare, che ha incrementato i flussi di greggio verso l’Europa. L’impatto delle mosse OPEC+ si è fatto sentire in misura minore rispetto alle attese, penalizzando i produttori non convenzionali americani e acuendo la pressione sui loro margini.
Sul versante agricolo, il mais e la soia hanno guadagnato rispettivamente circa il 4% e il 3%, sotto la spinta di timori climatici nelle pianure americane e del rallentamento delle esportazioni ucraine a causa dei dazi introdotti da Mosca sulle catene di approvvigionamento. Il cacao ha brillato con un rally vicino al 12%, favorito da stockpiles in calo e da un’intensa speculazione sulle materie prime “dolci”. Al contrario, il rame è scivolato dell’8%, mentre stagno, alluminio e zinco si sono contratti tra il 4% e il 12%, vittime di amare sorprese sul fronte cinese, dove una ripresa industriale meno vigorosa del previsto ha inasprito i dubbi degli operatori.
Ad alleggerire il grigiore, il comparto dei metalli preziosi ha offerto rifugio. L’oro ha guadagnato circa il 6%, spingendo i ritorni da inizio anno oltre il 25%. Questo in un contesto di tassi reali ancora lievemente negativi e di incertezze geopolitiche – dall’escalation in Medio Oriente alle sanzioni contro la Russia – che alimentano la domanda di copertura.
Valute: l’euro diventa più forte contro dollaro e yuan
Sul fronte valutario, l’euro ha mostrato una ritrovata energia, apprezzandosi del 5% circa contro il dollaro Usa e del 4,5% nei confronti dello yuan. Questo apparente paradosso si spiega con il fatto che i mercati avevano già scontato in larga misura il taglio: i verbali della Fed hanno infatti evidenziato una ferma intenzione di mantenere i tassi invariati finché l’inflazione non darà segnali di cedimento più netti, mentre quelli della BCE hanno rimosso ogni linguaggio “restrittivo”, suggerendo un approccio strettamente data-dependent anziché un percorso di discesa preordinato dei tassi.
Al contempo, la distensione nelle trattative commerciali tra Usa e Cina ha incoraggiato una propensione al rischio più spiccata. Premiando così valute legate ai flussi di scambio come l’euro a scapito delle tradizionali valute rifugio. Sul fronte emergente, la lira turca ha guadagnato oltre il 6% grazie al cambio amministrato da Ankara. Mentre il peso argentino, pur in un contesto di inflazione annua a tre cifre, ha segnato un +14% grazie a interventi diretti delle autorità. Infine, il franco svizzero ha ceduto quasi il 2,4%, cedendo parte del suo ruolo di safe haven a favore di un euro percepito come più tutelato da misure di accomodamento monetario e – non da ultimo – dall’influenza delle recenti pressioni politiche statunitensi finalizzate a un indebolimento del dollaro.
Mercati azionari: chi sale e chi scende
Le borse, nel complesso, hanno seguito traiettorie divergenti. In Europa, l’Euro Stoxx 50 ha ceduto l’1,7%, il CAC 40 il 2,5% e il FTSE MIB l’1,2%, mentre il DAX ha messo a segno un modesto +1,5%, sorretto dall’ottimismo sulle esportazioni di macchinari. Londra ha contenuto il ribasso intorno all’1%, mentre Atene e Madrid hanno guadagnato rispettivamente lo 0,8% e l’1,2%, favorite da politiche economiche più espansive. Mosca ha proseguito la sua corsa con un +1,6%, malgrado le restrizioni alle società energetiche. Il Bovespa brasiliano ha registrato un +3,7%, spinto dal rialzo dei titoli bancari in scia a un’aspettata stretta monetaria.
In Asia, l’Hang Seng ha perso il 4,3%, contrastato dal Nikkei che ha guadagnato l’1,2%, e dal Jakarta Composite a +3,9%. La borsa di Shanghai ha ceduto l’1,7%, risentendo di Xi Jinping che proroga i limiti di esposizione del sistema bancario ai bond locali. Negli Stati Uniti, il Nasdaq 100 ha chiuso con un +1,5%, mentre Dow Jones e S&P 500 hanno registrato ribassi del 3,2% e dello 0,8%. Questo in un clima di prese di profitto sui tecnologici, timori su un possibile hard landing e in attesa delle trimestrali societarie.
Risparmio gestito: il growth tiene più del value
Spostiamo lo sguardo all’evoluzione delle strategie di risparmio gestito, per comprendere come i gestori abbiano navigato le turbolenze e le opportunità offerte dal contesto di mercato appena descritto. In particolare:
- La fotografia a livello geografico. In Europa sviluppata, le strategie large & mid cap value sono rimaste attorno alla parità. Mentre i comparti growth arretrano fra lo 0,6% e l’1,1%. Il segmento dedicato ai Paesi Iberici spicca con un +1,8%. Questo grazie all’avanzata delle utility e delle banche locali in vista di possibili fusioni, mentre l’Austria cede lo 0,6%. Il prodotto Italia Large & Mid Value consolida un +0,5%, riflesso della propensione verso società a sconto e con dividendi consistenti. In America Latina, il Brasile Large & Mid segna +1,7% e il Brasile specifico +1,5%, in scia a un rialzo dei tassi di interesse volto a contenere l’inflazione. Sul fronte emergenti africani e Medio Oriente, l’indice Africa si contrae di oltre il 5%. In un contesto di instabilità politica e riduzione degli investimenti nel settore estrattivo. In Asia, la “Grande Cina” mostra un -9%, Cina A-Shares un -9,0% e Hong Kong un -7,8%. Mentre Giappone Large cap e Corea Large e Mid limitano i cali fra lo 0,7% e l’1%. Il confronto fra stili rivela un value globale fra -4% e -4,5%. Il growth internazionale scende di circa il 3,3%–3,5%, segno che la rotazione settoriale favorisce ancora i titoli difensivi.
- I fondi settoriali raccontano una storia ancor più plastica. Il comparto Global Metalli Preziosi registra un +1,6%, in linea con la vigorosa performance dell’oro. Il settore Immobiliare Europa brilla con un +4,9%. Questo sostenuto dal calo dei rendimenti reali e da una ripresa dei flussi istituzionali verso i real estate commerciali. L’immobiliare globale hedged invece avanza di un +0,8%. Al contrario, il comparto Energia globale cede oltre il 12%, trascinato dal crollo del gas e del petrolio. Le tematiche ESG emergenti affondano fra il 3% e il 6%, osteggiate da un generale avversione al rischio e dalla volatilità dei mercati azionari sottostanti. Infrastrutture arretra di circa l’1,5%, farmaceutico globale resta sostanzialmente piatto e i titoli tecnologici globali perdono oltre il 2%. Questo nonostante le recenti acquisizioni nel cloud e nell’intelligenza artificiale.
- L’universo obbligazionario riflette il rialzo delle curve dei tassi. I governativi area euro a breve termine (1–3 anni) guadagnano circa lo 0,5%. I corporate area euro generano un +0,7%, mentre l’inflation-linked euro riporta un +0,8%, specchio di un’inflazione headline superiore al target BCE. I convertibili globali in euro perdono lo 0,6%. L’high yield globale arretra di uno 0,1%, ma il governativo Usa medio-lungo (5–10 anni) scende del 4%, segno di un repricing repentino in attesa delle prossime decisioni Fed. Sul fronte dei mercati emergenti in valuta locale, l’obbligazionario global emerging government e corporate cede fra il 4% e il 5%, riflettendo il deterioramento dei bilanci sovrani e il contestuale inasprimento dei premi al rischio.
IDEE DI INVESTIMENTO
Il mese appena trascorso ha confermato quanto il risparmio gestito debba districarsi fra spinte eterogenee: dal repricing delle commodity energy alla vivacità dei metalli preziosi, dall’apprezzamento dell’euro al tormentato cammino delle azioni emergenti, fino al riposizionamento obbligazionario in funzione di curve dei rendimenti in tensione. Le decisioni delle banche centrali e i dazi ancora in vigore fra Stati Uniti, Cina ed Europa, unitamente alle operazioni corporate – dalle acquisizioni nel tech ai piani di buy‐back nei ciclici – continueranno a dettare l’agenda dei gestori. In tale contesto, ricco di opportunità, ma anche di insidie, è cruciale saper combinare un’analisi rigorosa dei fondamentali e dei rischi geopolitici.
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NOTE
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