La tanto attesa riunione della Federal Reserve Bank (FED) che era già scontata dai mercati rimette al centro la domanda relativa a quale possa essere il percorso 2018 delle banche centrali. E, in particolare, mette al centro il rischio per l’economia globale se tutte insieme le banche centrali cominciassero a ridurre allo stesso tempo il loro stimolo monetario. La strada presa dalla Fed, infatti, può guidare le scelte degli altri istituti soprattutto se le previsioni degli economisti sentiti dal Wall Street Journal che prevedono tre rialzi nel 2018 e due nel 2019 saranno rispettate.

Le stime degli economisti sono in linea con quelle della Fed di settembre. Ma proprio la banca centrale potrebbe rivederle al rialzo alla luce del buon andamento dell’economia e della riforma delle tasse di Donald Trump. Cosa potrebbe cambiare? Secondo Mohamed A. El-Erian, chief economic adviser di Allianz dopo il continuo rialzo sincronizzato per sostenere la crescita globale, adesso le banche centrali di rilevanza sistemica saranno probabilmente più disponibili e capaci nel 2018 ad iniziare e, nel caso della Fed, a continuare la normalizzazione della politica monetaria.

Non c’è dubbio che il 2018 sarà un anno complesso e nel contempo interessante sul fronte dell’azione delle banche centrali. Quali sono i segnali? Per Massimo Saitta, direttore investimenti di Intermonte Advisory e Gestione, con esclusione della Banca centrale del Giappone, le principali banche centrali hanno lasciato intendere di voler perseguire percorsi meno accomodanti sul fronte delle politiche monetarie. «Saranno pertanto più importanti i messaggi che arriveranno dalle prossime riunioni rispetto alle decisioni che verranno prese», ha detto Saitta. «Da considerare anche che a febbraio il governatore Janet Yellen lascerà il posto a Jerome Powell e che il prossimo anno avrà un taglio interlocutorio anche per la BCE dal momento che a metà 2019 scadrà il mandato di Mario Draghi ed è istituzionalmente educato dare un taglio meno netto alle proprie decisioni nell’ultimo anno di mandato».

IDEE DI INVESTIMENTO

Tutti gli elementi concorrono per dare vita a uno scenario di rientro della politica monetaria non eccessivamente aggressivo.

Ecco le prospettive per le banche centrali sistemiche nell’analisi dell’economista di Allianz.

  • La Federal Reserve USA è la più avanzata nel processo di normalizzazione della politica. Ha interrotto il suo programma di acquisti, ha aumentato i tassi e ha definito un piano per la riduzione graduale egli asset nel suo bilancio. In gergo si chama roll-off e significa che la Fed non reinvestirà in nuovi assets una quota di titoli di Stato e di cartolarizzazioni su mutuii ipotecari mortgage-backed securities in scadenza.
  • La Banca del Giappone sarà sotto pressione nel 2018 perché deve riflettere seriamente sulla moderazione del suo programma di acquisto di attività, dovrà preoccuparsi di rivedere al rialzo l’obiettivo di rendimento sui tassi a 10 anni, che o è pari zero, e questo dovrà passare con una riduzione degli acquisti non convenzionali. Molto dipenderà dalla forza della politica interna del premier Shinzo Abe e sull’attuazione delle riforme strutturali.
  • La Banca Centrale Europea (BCE) ha annunciato il dimezzamento degli acquisti mensili a 30 miliardi di euro fino a settembre che è il preludio alla fine del programma di acquisti su vasta scala del tutto prima di portare i tassi di interesse in territorio negativo. Tuttavia, la BCE potrebbe trovarsi nella difficile posizione di dover cambiare la propria linea strategca anticipando l’eliminazione graduale del Quantitative easing (QE), in particolare se l’inflazione dovesse riprendersi più rapidamente di quanto atteso attualmente.

Ecco quali sono le conseguenze sui principali asset in portafoglio:

  • Le azioni sono favorite in un contesto di rialzo dei tassi di interesse se ci troviamo in presenza di una fase favorevole dell’economia con utili aziendali in crescita. L’effetto sarà invece negativo per le azioni di società che hanno una crescita degli utili bassa o nulla, e l’esempio tipico in questi casi sono le utility.
  • Le obbligazioni a tasso variabile sono da preferire rispetto a quelle a tasso fisso in un momento di rialzo dei tassi. In particolare, le obbligazioni a tasso fisso di lunga durata sono meno convenienti rispetto a quelle a breve.

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Note

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Autore

Roberta Caffaratti

Roberta Caffaratti

Competenze:
Giornalista segue da oltre 20 anni le dinamiche del mercato del risparmio gestito, della consulenza finanziaria e dei protagonisti del mondo degli investimenti. Per Online SIM scrive di scenari e storie di mercato, megatrend e idee di investimento, educazione finanziaria.

Esperienza:
É stata caporedattore di Bloomberg Investimenti e poi vicecaporedattore di Panorama Economy (Gruppo Mondadori).
Nel 2015, dopo la lunga carriera nella carta stampata economica, è passata alla comunicazione come responsabile delle attività di editoria aziendale e di content marketing di Lob Pr+Content occupandosi di progetti editoriali in diversi settori (risparmio, finanza, assicurazioni).
Dal 2015 cura la redazione dei contenuti del Blog di Online SIM, che oggi conta oltre 1200 articoli.

Formazione:
Ha una laurea in lingue e letterature straniere e una specializzazione in giornalismo.

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