Se ne parlava da anni, ma adesso l’iter per la trasformazione delle banche Popolari in Spa è partito. Il primo passo è stato fatto a gennaio 2015 con un comma inserito dal Governo Renzi all’interno del decreto Investment Compact che ha sancito la trasformazione in Spa delle banche popolari con attivi superiori agli 8 miliardi. Il secondo passo è arrivato a fine marzo quando la Banca Centrale europea (Bce) ha di fatto approvato la riforma prevista dal Governo italiano in un documento in cui si sottolinea: «la Bce sostiene fortemente gli elementi essenziali della proposta».
Tempi brevi. Entro 18 mesi, dunque, e con una risoluzione al proprio statuto, gli istituti dovranno abbandonare sia il voto capitario, con il quale ogni socio ha un voto indipendentemente dalla quota detenuta, sia il tetto massimo al possesso azionario, che oggi è fermo all’1%, secondo quanto previsto dal Testo unico bancario.
Ma cosa cambia concretamente per chi investe? Ecco cinque cose da sapere:
- Le banche popolari in Italia sono 70 e soltanto sette di esse sono quotate. Secondo quanto riporta Assopopolari, l’associazione che le racchiude, ci sono 1 milione e 340 mila soci, per 12,3 milioni di clienti e 9.248 sportelli. Gli impieghi sono pari a 385 miliardi (poco più del 20% totale).
- Dalla riforma sono state escluse le banche di credito cooperativo, quindi, contro il desiderata del governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, la riforma si applica solo agli istituti con attivi superiori agli 8 miliardi al 30 giugno 2014. Il risultato? Soltanto 10 popolari su 70 si devono trasformare in Spa. Si tratta di Ubi Banca, Banco Popolare, Bpm, Bper, Creval, Popolare di Sondrio, Banca Etruria, Popolare di Vicenza, Veneto Banca e Popolare di Bari.
- L’attesa del mercato vede l’avvio di un risiko bancario. Per gli analisti di Mediobanca siamo all’inizio di un consolidamento che implica potenziali sinergie sul 20-35% dell’attuale capitalizzazione di mercato, per salire al 45% nel caso in cui nasca una mega popolare». Per gli esperti di Equita sim la possibilità è, invece, la formazione di due super popolari che abbiano come capofila Ubi Banca da una parte e Bpm dall’altra. Per Banca Akros la prima scommessa da fare è su un matrimonio tra il Banco Popolare e Ubi.
- Del resto, l’obiettivo del Governo era proprio rendere contendibili queste realtà. Ma c’è una difesa dentro la legge. Le banche popolari che si trasformeranno in società per azioni, infatti, hanno la possibilità di varare una clausola anti-scalata. All’interno dell’assemblea il diritto di voto esercitato non potrà superare il 5%. Il limite potrà essere adottato «con maggioranza facilitata» per i primi 24 mesi dall’entrata in vigore della legge.
- E la via di uscita c’è. Se una banca supera la soglia limite fissata in 8 miliardi e non vuole trasformarsi in Spa, infatti, ha una soluzione possibile: ridurre l’attivo entro un anno, altrimenti deve deliberare la trasformazione societaria.
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