Nelle ultime settimane, le tensioni commerciali tra Stati Uniti e Cina si sono intensificate ancora una volta, concentrandosi sulle terre rare e sui trasferimenti di tecnologia, con ogni Paese che ha giocato una delle sue carte più forti.
L’accordo preliminare per allentare queste tensioni, raggiunto a Seoul tra Donald Trump e il presidente cinese Xi Jinping, sembra segnare un momento di svolta. È davvero l’inizio della fine della politica dei dazi? E, soprattutto, quali saranno le conseguenze per gli investitori nei prossimi mesi?
Luci e ombre sull’accordo
Donald Trump ha definito il meeting con Xi Jinping “straordinario”, ma la realtà è che l’intesa raggiunta rappresenta più una tregua tattica che una pace duratura nella guerra commerciale tra le due superpotenze.
Cosa prevede l’accordo:
- Riduzione dei dazi Usa sui prodotti cinesi di circa il 10%, portando l’aliquota media al 47% da un precedente 57%.
- Ripresa degli acquisti di soia da parte della Cina, con un impegno minimo di 25 milioni di tonnellate all’anno per i prossimi tre anni.
- Sospensione per un anno dei controlli sulle esportazioni di terre rare, elementi fondamentali per semiconduttori, smartphone, batterie e tecnologie sanitarie.
Si tratta, in sostanza, di un ritorno parziale allo status quo preesistente al “Giorno della Liberazione” commerciale di Trump, quando la guerra dei dazi era esplosa nel 2018.
I punti critici
L’accordo non affronta le questioni strutturali alla base del conflitto:
- le politiche industriali cinesi;
- la sovraccapacità manifatturiera di Pechino;
- il suo modello di crescita basato sull’export.
In altre parole, la tregua è fragile e temporanea. Stiamo parlando solo di una de-escalation delle misure adottate negli ultimi anni. Xi Jinping, da parte sua, ha ottenuto un riconoscimento simbolico importante: essere trattato da Trump come un partner paritario nel quadro di un “G2”. Per Pechino, questo è un passo verso una stabilizzazione tattica dei rapporti, più che un cambiamento strategico.
I nodi ancora da sciogliere
Sebbene la sospensione dei controlli sulle terre rare sia stata accolta con sollievo dai mercati, le restrizioni precedenti restano in vigore. Ciò significa che le aziende americane, e molte multinazionali occidentali, rimangono vulnerabili sulla catena di approvvigionamento di materiali critici per aerei da combattimento, semiconduttori e auto elettriche.
Per ottenere la tregua, gli Stati Uniti hanno rinviato:
- l’ampliamento della lista nera delle esportazioni che avrebbe incluso migliaia di nuove aziende cinesi;
- l’estensione dei limiti alle esportazioni di tecnologie avanzate, come i chip per l’intelligenza artificiale.
Questa reciprocità negoziale evidenzia come la Cina, nel secondo mandato di Trump, abbia rafforzato la propria leva contrattuale.
Molti analisti sottolineano che gli Stati Uniti hanno di fatto legato i propri controlli sui chip ai controlli cinesi sulle terre rare, creando una relazione di interdipendenza forzata. Il risultato? Un equilibrio instabile che potrebbe rompersi alla minima provocazione.
La prudenza delle aziende cinesi
Gli esportatori cinesi hanno accolto con favore la riduzione dei dazi Usa, ma si muovono con estrema cautela. Molte aziende temono che la tregua possa durare poco e stanno diversificando i mercati, puntando su Europa, Africa e Asia per ridurre la dipendenza dagli Stati Uniti.
Parallelamente, diversi buyer americani stanno ripensando la propria catena di approvvigionamento, chiedendo ai fornitori di spostare parte della produzione fuori dalla Cina — anche a costo di aumentare i prezzi. Questa doppia strategia sta ridisegnando le mappe del commercio globale.
Nonostante tutto, la Cina resta competitiva:
- il livello medio dei dazi Usa (circa il 31%) è oggi inferiore a quello applicato a Paesi come Brasile e India;
- il sistema manifatturiero cinese, integrato e maturo, rimane un vantaggio chiave nel breve periodo.
Tuttavia, la fiducia non è più quella di una volta: per gli esportatori cinesi, la priorità è ora limitare la vulnerabilità politica, non solo massimizzare i profitti.
Le conseguenze per gli investitori
Per chi investe in fondi comuni, il nuovo equilibrio tra Stati Uniti e Cina apre opportunità e rischi.
Ecco una breve guida per orientarsi:
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Maggiore stabilità di breve periodo
La tregua riduce l’incertezza sui mercati e può sostenere il sentiment positivo su azioni e obbligazioni globali, soprattutto nei settori legati al commercio internazionale.
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Focus su materie prime strategiche
Le terre rare restano un nodo geopolitico cruciale. Fondi esposti a materie prime, transizione energetica e semiconduttori potrebbero beneficiare di una normalizzazione parziale delle forniture.
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Opportunità nei mercati emergenti asiatici
La diversificazione delle esportazioni cinesi verso nuovi partner può favorire economie dell’Asia sudorientale. Fondi focalizzati su Vietnam, Indonesia e India potrebbero trarne vantaggio.
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Rischio di ritorno delle tensioni
L’accordo è temporaneo: nuovi dazi o dispute tecnologiche potrebbero riaccendere la volatilità. Gli investitori dovrebbero privilegiare fondi flessibili globali in grado di adattarsi rapidamente a scenari in evoluzione.
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Valute e tassi
La riduzione dei dazi potrebbe rafforzare lo yuan e sostenere il dollaro nel breve termine. Per i fondi obbligazionari, resta rilevante la gestione del rischio valutario.
IDEE DI INVESTIMENTO
La de-escalation tra Stati Uniti e Cina è una pausa tattica, non una pace definitiva.
Per gli investitori, il messaggio è chiaro: la tregua può offrire un po’ di respiro ai mercati, ma la guerra commerciale non è finita. In questo contesto, la parola d’ordine è diversificazione, geografica e settoriale, attraverso fondi comuni capaci di cogliere le opportunità globali limitando l’esposizione ai rischi geopolitici.
- Fondi azionari global macro: per gestire la volatilità derivante da fattori geopolitici.
- Fondi azionari Asia ex-China: per cogliere la crescita di economie emergenti alternative alla Cina.
- Fondi tematici su materie prime e tecnologie verdi: per beneficiare della domanda di terre rare e di componenti strategiche.
- Fondi obbligazionari globali flessibili: per bilanciare rischio e rendimento in un contesto di politica commerciale incerta.
- Fondi multi-asset: per una gestione bilanciata tra rischio azionario e protezione del capitale.
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Note
Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.

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