Non di rado alle mie conferenze partecipa un pubblico eterogeneo e di cultura medio alta, ma a volte di fronte ad alcune semplici domande su eventi cruciali del passato, avviene una sorta di black-out collettivo. Forse traditi dall’emozione o più semplicemente perché la storia ci è stata insegnata poco e male, emerge una profonda ignoranza su argomenti che dovrebbero essere scontati, ma non lo sono affatto.

La ragione di questo disinteresse, risiede tristemente nella difficoltà di comprendere l’utilizzo di nozioni storiche in un mondo iper tecnologico come quello attuale. Eppure dico io, solo conoscendo il passato potremo forse riuscire a leggere il futuro che ci attende. Il caso più eclatante riguarda l’unificazione d’Italia e le vicende che la precedettero e la susseguirono. Fatti che potrebbero aiutarci a capire cosa sta accadendo ad alcune banche regionali sull’orlo del fallimento ed al ruolo che la Banca Centrale ha sull’economia.

Tornando alla storia, nella migliore delle circostanze mi viene risposto che la data ufficiale di unificazione è il 1861, più precisamente il 17 marzo. In realtà è una convenzione, poiché avrebbero dovuto compiersi alcune annessioni cruciali come quelle del Lombardo Veneto e dei territori Pontifici. La prima nel 1866, dopo la faticosa vittoria della Terza guerra d’indipendenza contro gli austriaci, solo grazie al sostegno di Napoleone III ai Savoia. La seconda, dopo il celeberrimo episodio della Breccia di Porta Pia con l’annessione di Roma e di gran parte del centro Italia. In quegli anni tumultuosi, chi si occupava di coniare e far circolare il denaro aveva non poche gatte da pelare.

Le continue guerre e la perenne instabilità politica crearono situazioni assai ingarbugliate. La nostra penisola prima del 1861 era un mosaico variegato di Stati indipendenti e di feudi sotto il diretto controllo di potenze straniere. Fu necessaria pertanto una profonda riforma del settore creditizio prima e dopo l’unificazione, per fare ordine. Le storie più intriganti si verificarono con il Risorgimento termine, che identifica non solo il movimento culturale e politico che portò all’unificazione, ma soprattutto evoca gli ideali romantici e patriottici della rinascita italiana. I rivoluzionari erano spinti al raggiungimento di un’identità nazionale che affondava le sue radici nella leggendaria Antica Roma.

Il finanziamento delle iniziative di liberazione e unificazione diede vita ad alcuni fatti curiosi. Giuseppe Mazzini e Giuseppe Garibaldi legarono il loro nome ad azioni patriottiche che non sarebbero mai potute nascere e svilupparsi senza denaro. Come disse l’illustre Metternich le guerre si combattono sul terreno ma si vincono nei salotti, per cui entrambi stamparono buoni e ricevute assimilabili a moderne banconote che vennero accettati come forme di pagamento tra i rivoluzionari.

I biglietti avevano vesti grafiche molto accattivanti, per farsi messaggeri della propaganda e permettere di tessere una fitta rete di relazioni con personalità del tempo. Questi antichi documenti finanziari, che riportavano in alcuni casi le firme autografe degli eroi risorgimentali, furono stampati e distribuiti col supporto di potenze straniere che avevano tutto l’interesse ad unificare il nostro paese. Grazie ad una fitta rete di relazioni, Mazzini e Garibaldi erano riusciti a far circolare in gran segreto i loro biglietti che possedevano una forte valenza psicologica ed evocativa.

Chi fosse stato scoperto in possesso di queste banconote ante litteram, avrebbe corso seri rischi d’incolumità tanto da essere punito con la tortura nonché la pena capitale, dando luogo ad episodi di vero e proprio martirio conferendogli un valore simbolico ben più elevato di quello economico. In molte città, prime tra tutte Venezia, Roma Torino e Milano, dal 1848 al 1870 data della definitiva conquista di Roma, circolò questa carta moneta con valori espressi in Lire, Bajocchi e Franchi. L’8 settembre 1850 Giuseppe Mazzini costituiva a Londra il Comitato Nazionale Italiano e pochi giorni dopo si aprirono le sottoscrizioni per un valore di 10 milioni di Lire. Un capitale ingente per quei tempi. Della stampa delle banconote si occupò la James and Stansfeld di Londra ed i soldi furono depositati presso i Banchieri Stone and Martin con il supporto non tanto occulto della Corona Britannica.

Sull’onda della creazione mazziniana nacque a Mantova un comitato molto simile fondato da Don Enrico Tazzoli, diretto a rafforzare il prestito di Londra. Su questi biglietti si poteva leggere la scritta: Dono Patriotico per la Repubblica Italiana, Non vincerete in un giorno, ma vincerete! Una volta compiuta l’unificazione la famiglia Savoia si trovò in eredità diversi istituti di credito con funzioni di Banca Centrale. Per ragioni di convenienza e soprattutto per mancanza di valide alternative, non esisteva infatti una zecca a Torino in grado di soddisfare la nuova massiccia richiesta, si optò per mantenere ben 6 banche di interesse nazionale.

La Banca Nazionale del Regno a Torino, La Banca Toscana di Credito e la Banca Nazionale Toscana, La Banca Romana, al centro di uno scandalo che la portò ben presto al fallimento, il Banco di Napoli ed il Banco di Sicilia. Questi ultimi assai più ricchi e capitalizzati di tutti gli altri messi insieme tanto da essere nel 1860 i due istituti di credito più solidi in Europa. Già alla fine degli anni settanta del 1800 iniziarono a crearsi non pochi problemi per questa situazione. Venne quindi costituito un Consorzio formato dalle banche nazionali con l’intento di stampare denaro che potesse circolare ovunque con la medesima veste grafica.

L’esperimento non durò a lungo dato che le banconote dovettero essere stampate in Germania. Più o meno nello stesso periodo iniziarono a circolare i cosiddetti biglietti fiduciari emessi da piccole banche locali e aziende private con un ingente capitale depositato, ma pure da associazioni di operai e lavoratori. Queste emissioni si basavano interamente sulla fiducia accordata all’emittente e non offrivano alcuna garanzia di equivalenti depositi in metallo prezioso. Alcuni di questi istituti fallirono per l’ingordigia e la poca lungimiranza di chi li gestiva ed anche questa esperienza terminò miseramente. Fu solo nel 1926 sotto Benito Mussolini che si creerà la Banca d’Italia come unico emittente nazionale.

È incredibile pensare che fino al 1928 in Sicilia ed in alcune aree del meridione, circolassero ancora le banconote emesse dal Banco. Cosa dire quindi, chi controlla e stampa il denaro sposta anche gli assetti dell’economia. Stiamo parlando del Risorgimento s’intende…

Note

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Autore

Alex Ricchebuono

Alex Ricchebuono

Competenze:
Alex ha oltre 24 anni di esperienza nel settore dell’Asset Management ed ha ricoperto ruoli di responsabilità per lo sviluppo commerciale a livello europeo in società di primaria importanza tra le quali: Credit Suisse, Janus Capital, American Express e Bnp Paribas.

Esperienza:
È stato tra i soci fondatori dell’Associazione Italiana del Private Banking e membro del primo consiglio di amministrazione. Vive e lavora tra Milano e Londra ed è Partner di New End Associates, piattaforma Inglese per la distribuzione di alcuni dei più importanti gestori alternativi internazionali (Apollo, Bain Capital, Brookfield e altri). Scrive libri e articoli sulla storia della finanza, è un appassionato di storia economica ed evoluzione della Moneta e si occupa di divulgazione finanziaria. Ha realizzato una serie di video pillole per Il Sole 24 Ore dal titolo “I soldi Raccontano”. Ha inoltre condotto per la Radio Televisione Italiana il documentario in 4 puntate Money Art andato in onda su RAI 5. Insegna Storia ed Evoluzione della moneta all’Università del Piemonte Orientale presso il Dipartimento CLEA. Ha inoltre ricoperto il ruolo di Presidente del Comitato Promotore delle Coniazioni Ufficiali di EXPO 2015.

Formazione:
Laurea in Economia e Commercio presso l’Università degli Studi di Torino.

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