L’impostazione dei mercati a livello mondiale offre opportunità fortemente stimolanti, che scaturiscono da una molteplicità di fattori di natura geopolitica e monetaria di sempre maggior impatto. Gli Stati Uniti continuano a porsi come driver della crescita mondiale e soprattutto come i protagonisti delle principali vicende di interesse internazionale. Tra i fatti di maggiore rilievo, possiamo annoverare il rialzo dei tassi operato dalla Federal Reserve a fine settembre – che ha portato il costo del denaro tra il 2 e il 2,25% – e che rappresenta la terza manovra del 2018 dopo quelle di marzo e giugno. Niente di emozionante: l’operazione è stata ampiamente preannunciata e pertanto attesa e scontata dagli operatori. La novità è stata piuttosto la determinazione mostrata dalla Banca Centrale, che ha rivisto al rialzo le stime sulla crescita nel prossimo biennio, che giustificherebbero un ulteriore giro di vite nel 2018 e altri tre nel 2019. Ad oggi il contesto appare coerente con quanto disegnato dalla Fed: i dati macro sono positivi, la crescita solida e l’occupazione in costante miglioramento, ben oltre le attese.

Solo l’immobiliare mostra qualche segno di debolezza, ma il ricordo della bolla immobiliare scoppiata nel 2007 e quella che continua a gonfiarsi in Cina, permettono di leggere questi dati con una chiave diversa e decisamente rassicurante. È proprio l’immobiliare cinese la potenziale bomba ad orologeria. Da anni va consolidandosi un fenomeno, quello dell’urbanizzazione, alimentato non solo più dal crescente peso dell’industria e dei servizi rispetto all’agricoltura, ma anche e soprattutto da una ormai radicata pratica speculativa.

L’urbanizzazione della Cina e il rischio bolla immobiliare

Fino a non molto tempo fa, nelle campagne che circondano le grandi città, vivevano contadini e piccoli commercianti in tradizionali abitazioni rurali. Ora, al loro posto, sorgono palazzoni in stile alveare che possono ospitare migliaia di famiglie. In cambio del terreno che prima era destinato alle attività agricole, alla popolazione locale vengono assegnati alloggi moderni e che permettono a chi li abita di accedere a tutti i confort tipici della città, come scuole e ospedali. Ovviamente l’attività agricola non è più praticabile, e così i contadini si trasformano in piccoli proprietari di immobili e traggono sostentamento dall’aumento del loro valore. Il trend positivo del valore delle case si sta auto-alimentando poiché chiunque ne abbia la possibilità ne acquista una, ed anche più di una, ovviamente non per abitarci ma come investimento. A riprova di quanto sostenuto, si rileva che l’acquisto di prime case, in realtà, è in contrazione: ad aumentare è l’acquisto di seconde case, ovviamente non motivato da necessità abitative.

Così il valore a metro quadro sta aumentando ad un ritmo decisamente superiore a quello rilevabile nei Paesi sviluppati. A spalleggiare il fenomeno c’è il sistema bancario, con significativi aumenti dei mutui concessi. Non sarebbe corretto affermare che il governo non stia tentando di raffreddare la bolla, ma è facile immaginare come i tentativi finora attuati – come l’introduzione di tasse sulla casa – abbiano provocato l’insurrezione del popolo, ormai troppo esposto al mercato del real estate (o desideroso di esserlo, vista l’evidente concentrazione della proprietà immobiliare). Potremmo essere di fronte ad un ennesimo esempio del too big to fail, poiché pare diffusa la convinzione che il governo sia implicitamente disposto a tutelare il settore, che rappresenta oggi circa un terzo del Pil cinese.

La sfida sarà quindi quella di cercare di convogliare, senza creare choc, i risparmi dei cinesi verso settori con maggiore valore aggiunto, tipicamente quelli tecnologici, che però oggi sono i maggiormente colpiti dalla politica protezionistica Usa. Un attento monitoraggio delle vicende socio-politiche del Paese è quindi una necessità per chi voglia scommettere su un’economia che in passato ha regalato grandi soddisfazioni e che ha tutte le potenzialità per crescere ancora a ritmi sostenuti, e che potrebbe giocare un ruolo crescente nel sostenere anche altri Paesi in chiave di finanziatore.

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Autore

Luca Lodi

Luca Lodi

Competenze:
Head of R&D di FIDA, Finanza Dati Analisi, ha maturato competenze in quantitative finance, risk management, asset allocation, risparmio gestito, compliance, consulenza finanziaria e comunicazione. Coordina le attività di ricerca-sviluppo e formazione del gruppo (FIDAmind). Sviluppa metodologie quantitative per l'analisi di portafoglio, di strumenti e mercati finanziari.

Esperienza:
Coordina l’ufficio studi FIDA che realizza studi ed analisi ad ampio spettro utilizzando trasversalmente metodologie quantitative, tecniche e fondamentali. Docente presso l'Università di Torino (Scuola di Management ed Economia), si occupa di analisi quantitativa dei dati finanziari. Giornalista pubblicista, collabora con diverse testate editoriali.
Negli anni precedenti ha collaborato con ADB S.p.A come responsabile del settore Banche Dati e poi dell’Ufficio Studi.

Formazione:
Ha una laurea in Economia. Ha frequentato diversi corsi di specializzazione tra i quali “Global Asset Allocation” (SDA Bocconi), Frontiers In Fianancial Markets Mathematics (Università di Bologna).

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