L’aggiornamento dell’analisi di scenario non può che prendere spunto da quanto prodotto tra le montagne del Wyoming nell’ambito dell’annuale simposio di Jackson Hole, tenutosi pochi giorni fa.
Lo scopo dell’evento, organizzato dalla Fed di Kansas City, è quello di permettere ad economisti e banchieri centrali di tutto il mondo di discutere di politica monetaria con cadenza regolare.
Quest’anno l’appuntamento, giunto alla sua quarantaduesima edizione con il titolo Changing Market Structures and Implications for Monetary Policy, ha visto il debutto del neopresidente della Federal Reserve Jerome Powell, subentrato a Janet Yellen con una nomea da falco. Hanno figurato alcuni grandi assenti tra i principali banchieri, come Mario Draghi e Haruhiko Kuroda. il contesto in cui si è aperto il simposio era caratterizzato da alcune condizioni particolari: i listini americani sui massimi storici, la straordinaria longevità del rialzo – punta ai dieci anni – ed un presidente Usa che ha più volte ribadito di essere indispensabile per la sostenibilità del trend.

Non è difficile immaginare l’attenzione con cui gli analisti hanno soppesato ogni, attesissima, parola del governatore, nel tentativo di comprendere non solo le prossime mosse sul costo del biglietto verde, primario strumento di supremazia americana, ma anche il reale livello di indipendenza dagli organi di politica americana.
L’esame è stato ampiamente superato: l’esordio di Powell ha avuto una nota dovish, ed è possibile intravedere una sorta di “omaggio” nei confronti di Draghi per aver adottato parole simili al celeberrimo «whatever it takes». Il governatore ha infatti affermato di essere intenzionato a fare “tutto ciò che serve” per fronteggiare eventuali nuove crisi che dovessero profilarsi all’orizzonte e per evitare il surriscaldamento dell’economia con fiammate inflazionistiche. Per il momento il presidente non vede rischi di surriscaldamento per l’economia americana, ed anzi minimizza la necessità di un atteggiamento più aggressivo da parte dell’istituto centrale, smentendo così voci circa un’accelerazione del processo di normalizzazione dei tassi rispetto a quanto già preventivato nelle ultime riunioni.

Alla luce di quanto dichiarato nel Wyoming si ritiene quindi quasi certo che la Fed incrementerà i tassi di un quarto di punto nella riunione di fine settembre ed è probabile un altro analogo aumento a dicembre. I rialzi dovrebbero continuare anche nel prossimo biennio ma a condizione che la crescita non rallenti.
Gli operatori hanno più che gradito ed hanno festeggiato nuovi massimi assoluti su Nasdaq e S&P 500, in un contesto dove, però, sono molte le borse in flessione. Con riferimento alle ultime settimane si possono apprezzare allunghi sui listini Usa, Paesi scandinavi e parte degli asiatici, mentre l’Europa e la Cina sono deboli.
Sul piano obbligazionario avanzano gli high yield emessi da società Usa ed in generale i convertible. Indietreggiano invece i Paesi emergenti, con particolare riferimento ai titoli governativi.

Per fare il check-up di portafoglio e scoprire come migliorare il tuo investimento in fondi visita il sito Online SIM.

Note

Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.

Articolo precedente

Settori da difesa: serve un check-up per prepararsi all’autunno

Articolo successivo

Perché la Turchia è la mina d’Europa: come investire

Autore

Luca Lodi

Luca Lodi

Competenze:
Head of R&D di FIDA, Finanza Dati Analisi, ha maturato competenze in quantitative finance, risk management, asset allocation, risparmio gestito, compliance, consulenza finanziaria e comunicazione. Coordina le attività di ricerca-sviluppo e formazione del gruppo (FIDAmind). Sviluppa metodologie quantitative per l'analisi di portafoglio, di strumenti e mercati finanziari.

Esperienza:
Coordina l’ufficio studi FIDA che realizza studi ed analisi ad ampio spettro utilizzando trasversalmente metodologie quantitative, tecniche e fondamentali. Docente presso l'Università di Torino (Scuola di Management ed Economia), si occupa di analisi quantitativa dei dati finanziari. Giornalista pubblicista, collabora con diverse testate editoriali.
Negli anni precedenti ha collaborato con ADB S.p.A come responsabile del settore Banche Dati e poi dell’Ufficio Studi.

Formazione:
Ha una laurea in Economia. Ha frequentato diversi corsi di specializzazione tra i quali “Global Asset Allocation” (SDA Bocconi), Frontiers In Fianancial Markets Mathematics (Università di Bologna).

Link ai social:

Nessun commento

Lascia un commento

Ho preso visione dell'informativa