Siamo nel 2025, esattamente a metà del decennio cruciale per la transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio. Molti investitori si erano impegnati a raggiungere obiettivi intermedi entro il 2030 per arrivare alla neutralità climatica nel 2050. Ma la quinta edizione della Global Climate Investing Survey di Robeco mostra una realtà più sfumata: mentre alcuni investitori proseguono nel loro percorso di decarbonizzazione, altri sembrano rallentare o rivedere i propri impegni.
Il cambiamento climatico è ancora una priorità per gli investitori?
Nel 2025, solo il 46% degli investitori considera il cambiamento climatico centrale o significativo nella propria politica di investimento, un calo netto rispetto al 62% del 2024 e al 69% del 2023. Il calo è particolarmente accentuato in Nord America, dove la percentuale scende al 23%, mentre resta più stabile in Europa (62%) e nella regione Asia-Pacifico (59%).
Il ritorno di Trump alla Casa Bianca ha contribuito a un clima politico meno favorevole agli investimenti sostenibili: il 56% degli investitori ritiene che la sua agenda pro-fossili causerà un rallentamento della transizione net-zero, anche se temporaneo.
Gli scenari climatici: cresce il pessimismo
Il futuro climatico che gli investitori immaginano è sempre più cupo. Quasi la metà (49%) prevede uno scenario “too little, too late”, con una transizione disordinata e inefficace. Cresce anche la quota di chi si aspetta un “hot house world” (mondo caldo), passata dall’8% al 11%. Questo dato sale al 22% tra gli investitori nordamericani, che sono anche più propensi a puntare su soluzioni di adattamento piuttosto che di mitigazione.
A che punto è la decarbonizzazione dei portafogli?
Robeco ha classificato gli investitori in quattro stadi lungo il percorso di decarbonizzazione:
- 25% non dà priorità alla decarbonizzazione
- 38% è nella fase iniziale
- 28% è in fase intermedia
- 8% è in fase avanzata
Gli investitori istituzionali europei e asiatici sono ampiamente rappresentati tra quelli più avanzati, mentre in Nord America e tra gli investitori wholesale è maggiore la quota di chi è ancora all’inizio o non considera la decarbonizzazione una priorità.
Dove vanno i capitali: investimenti in soluzioni climatiche
Nonostante le difficoltà, il 57% degli investitori prevede di aumentare gli investimenti in soluzioni climatiche. In particolare, c’è una forte domanda di:
- Energie rinnovabili (73% già investiti; 39% pianificati di investire).
- Veicoli elettrici (59% già investiti; 34% pianificati di investire).
- Reti elettriche moderne e immobili green.
Stanno emergendo anche tecnologie meno mature ma promettenti, come l’immagazzinamento di energia, l’idrogeno verde, il carbon capture e la decarbonizzazione dei settori pesanti (acciaio, cemento, aviazione).
Mitigazione vs adattamento: una nuova frontiera
Se fino a pochi anni fa l’attenzione era tutta sulla mitigazione, ora gli investitori stanno rivalutando l’adattamento. Il 48% trova attraenti le soluzioni di adattamento/resilienza, un dato superiore a quelle di mitigazione (44%). In Nord America, l’adattamento è considerato più redditizio (38%) rispetto alla mitigazione (28%).
Tuttavia, gli investimenti in adattamento sono frenati da diversi fattori: mancanza di prodotti finanziari, scarsa chiarezza sulle aziende coinvolte e difficoltà nel calcolare ritorni competitivi. Per sbloccare il potenziale di questi investimenti servono nuove tassonomie, disclosure aziendali più trasparenti e un maggior supporto politico.
Il ruolo delle aziende in transizione
Gli investimenti in aziende ad alte emissioni che stanno affrontando una transizione sono un’altra direttrice cruciale. Il 48% degli investitori globali si sente responsabile nel supportare questa transizione. In Europa, il dato sale al 63%.
Strumenti come green bond, strategie attive focalizzate su aziende in transizione e l’engagement diretto sono sempre più usati per accompagnare queste imprese lungo il percorso net-zero.
IDEE DI INVESTIMENTO
Per chi investe oggi in ottica sostenibile, la lezione è chiara: la decarbonizzazione non è più “di moda”, ma resta una necessità fisica, economica e finanziaria. Il riscaldamento globale non è una narrativa, è una realtà che influenza i mercati. In particolare, i portafogli che resisteranno meglio sono:
- Flessibili nelle strategie
- Attenti ai rischi sistemici
- Pronti a cogliere opportunità in nicchie in crescita, come le soluzioni per l’adattamento climatico
In questo contesto una buona scelta sono:
- Fondi ESG tematici: non solo green
- Investono in tecnologie per l’adattamento climatico, come la gestione idrica, le assicurazioni contro i disastri naturali, l’agricoltura resiliente.
- Non si limitano alle rinnovabili, ma diversificano su innovazioni emergenti (batterie, idrogeno, smart grid).
- Usano benchmark allineati agli scenari climatici, come gli indici “Paris-aligned” o “Climate Transition”.
- Obbligazioni sostenibili e green bond
- Fondi obbligazionari che investono in green bond o sustainability-linked bond: strumenti emessi da aziende o Stati per finanziare progetti ambientali o con obiettivi ESG misurabili.
- Obbligazioni corporate e sovrane per bilanciare rendimento e rischio.
- Portafogli modello
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Note
Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.
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