Il fallimento del vertice di Doha che doveva portare a un accordo tra i maggiori produttori di petrolio per mettere un tetto alla produzione di greggio e far ripartire le quotazioni ha un risvolto positivo secondo gli analisti di Sanford C. Bernstein & Co. Quale? La crescente domanda di greggio può comunque innescare un nuovo super ciclo dell’oro nero che consentirà agli investitori di trarre profitto dall’aumento dei prezzi. Bisogna solo avere pazienza ed aspettare. Quanto tempo? Almeno un decennio, secondo i calcoli della società di analisi americana, più o meno fino al 2030.
A spingere il prezzo saranno le economie emergenti che saranno le vere artefici dell’aumento della domanda globale di petrolio con una spinta di almeno l’1,4% all’anno fino al 2020, e un picco atteso tra il 2030 e il 2035, proprio prima che inizi una parabola discendente dovuta alla maggiore efficienza dei veicoli elettrici (Leggi qui l’approfondimento di Online Sim).
La richiesta dei Paesi emergenti dovrebbe passare, secondo Sanford C. Bernstein & Co. da 94,6 milioni di barili al giorno del 2015 a 100 milioni entro il 2020 per arrivare fino a 108 milioni tra il 2030 e il 2035. Il prezzo medio? Tra i 60-70 dollari al barile fino alla fine del decennio. E questa sarà l’ultima fiammata dell’oro nero. Nel lunghissimo periodo, infatti, la domanda di petrolio si ridurrà a circa 20 milioni di barili al giorno, secondo l’analisi della società di consulenza americana. Quando? Entro il 2100.
Le tensioni tra Arabia Saudita e Iran, di fatto, hanno compromesso l’accordo nonostante le buone intenzioni delle altre nazioni presenti (Russia, Qatar e Venezuela, Algeria, Angola, Azerbaigian, Ecuador, Indonesia, Iraq, Kazakistan, Kuwait, Messico, Nigeria, Oman, Emirati arabi) spaventano i mercati e hanno riportato il presso del barile Wti a 38 dollari, ben sotto la soglia psicologica di 40 dollari che rappresenta quasi un’ancora di salvezza per alcuni Paesi.
È il caso, per esempio, della Russia che crede ancora nella possibilità di un’intesa e il ministro dell’energia russo, Aleksander Novak, ha ipotizzato che la correzione dei prezzi del greggio ci sarà tra 3-6 mesi, con la ripresa che è slittata ora a metà 2017. L’obiettivo è quello di arrivare a 4 milioni di barili al giorno entro marzo 2017, circa 800 mila barili in più rispetto a marzo di quest’anno.
IDEE DI INVESTIMENTO
Le quotazioni internazionali del greggio avevano ripreso a salire da qualche settimana fa proprio grazie alle ipotesi di accordo tra i Paesi produttori, con il Brent e il Wti Usa che erano tornati sopra i 40 dollari al barile dopo aver toccato a gennaio minimi sotto i 30. L’assenza di un’intesa, come previsto dagli analisti di Citigroup, ha fatto crollare i prezzi a 38 dollari, ottenendo l’effetto opposto rispetto a quello sperato a Doha.
Ecco il consensus degli analisti e gestori dopo il fallimento dell’accordo di Doha:
- Prezzi volatili fino all fine del 2016 per gli analisti di Goldman Sachs Group Inc. e Barclays Plc con l’attenuazione del fenomeno solo nella seconda parte dell’anno (Leggi qui l’approfondimento di Online Sim)
- È concreto un aumento della produzione di barili da parte del Paesi Opec. Secondo Morgan Stanley il riequilibrio del mercato del petrolio potrebbe essere ritardato fino al 2018, soprattutto se l’Arabia Saudita aumentasse la produzione di più di 11 milioni di barili al giorno.
- Secondo i dati Bloomberg, le posizioni in portafoglio dei money manager su future e opzioni Wti che sono direttamente collegate al prezzo del greggio sono raddoppiate negli ultimi due mesi e sono cresciute dell’11% nel corso della settimana che ha preceduto il vertice. Il fallimento dell’accordo potrebbe innescare un sell-off con una discesa del prezzo del greggio.
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