La Gig economy, conosciuta anche come economia dei lavori a tempo o economia on demand, è il sale dell’economia collaborativa, la sharing economy, che come racconta bene un recente studio di Credit Suisse è l’evoluzione delle tante forme di lavoro cooperativo che si sono succedute nei secoli nel mondo. A cambiare la prospettiva è arrivata la tecnologia che veicola servizi e manodopera attraverso piattaforme tecnologiche e in Italia, secondo Credit Suisse vale già tra lo 0,1 e l’1% del Prodotto interno lordo (PIL), ovvero tra i 1,6 e i 16 miliardi di euro. Il mercato europeo dell’economia collaborativa che viaggia su piattaforme tecnologiche per Pwc vale già 28 miliardi di euro nel 2017, più di tre volte quello che valeva solo nel 2013, e a questi ritmi il giro d’affari dei consumi collaborativi a livello globale dovrebbe raggiungere i 335 miliardi di dollari entro il 2025.

L’incontro tra domanda e offerta è il motore del modello che piace perché offre servizi a prezzi convenienti: per accedere basta un clic, non ci sono intermediari e la flessibilità è il valore aggiunto. L’altra faccia della medaglia è quella sociale ben descritta dal libro Lavoretti (Einaudi) scritto da Riccardo Staglianò. Il risultato è l’istituzionalizzazione di impieghi sottopagati dovuta alla diffusione di piattaforme che forniscono servizi a prezzi low cost. La legge della Gig economy, economia dei lavoretti appunto, è che il grosso dei guadagni va nelle mani di chi mette a disposizione la piattaforma dove domanda e offerta si incontrano, chi lavora – per esempio gli autisti di Uber o i riders delle consegne di cibo modello Foodora – è l’ultimo anello della catena economica.

Sharing economy: le start up più innovative

I guadagni delle piattaforme sono evidenti. Solo per fare qualche esempio tra i più noti, Uber ha meno di 8.000 dipendenti, fornisce servizio di taxi privato eppure non possiede nemmeno una macchina e vale oltre 70 miliardi di dollari, più di 40 volte rispetto alla Hertz che, di fatto, fa lo stesso lavoro con una flotta di 570 mila auto, 29 mila dipendenti e 9.400 stazioni in 150 Paesi, e anche più di General Motors che dà lavoro a oltre 200.000 persone e fabbrica 10 milioni di automobili all’anno. E ancora, Se andiamo nell’ambito del turismo, AirBnb ha un giro di oltre 150 milioni di clienti all’anno senza possedere un albergo o una casa. La catena di alberghi Hilton – quasi 5 mila alberghi nel mondo e oltre 700 mila camere – ha il 20% in meno del flusso di ospiti di AirBnb che vale 30 miliardi di dollari, quasi una volta e mezzo la catena fondata all’inizio del ‘900 dalla famiglia Hilton e ora di proprietà del gruppo Blackstone.

L’ascesa della sharing economy sta cambiando il volto delle imprese, aprendo varchi di opportunità per i nuovi entranti e lanciando sfide ai player dominanti. Sono tante le idee innovative che hanno preso forma grazie alla digitalizzazione dei servizi e in diversi settori, dall’ospitalità alla mobilità, dalla finanza ai servizi. Tre le iniziative più curiose, arriva dall’Inghilterra WashMyCar che offre, primo nel suo genere, servizi di pulizia dell’auto 100% senz’acqua e eco-compatibile; mentre è made in Usa Dolly che fornisce un servizio di trasporto on demand di qualunque cosa; e per restare in Italia in tempo di vacanze c’è Sailsquare che dà la possibilità a tutti di trovare la flottiglia e fare un’esperienza in barca a vela scegliendo compagni e destinazione.

IDEE DI INVESTIMENTO

La sharing economy e la Gig economy sono trend di lungo periodo figli della digitalizzazione che hanno ormai una decina di anni di storia. Si fa risalire alla crisi del 2007 e al lancio del primo IPhone e di Facebook, l’inizio di questa nuova fase economica che si basa sulla condivisione e la fiducia nell’altro, la locazione rispetto alla proprietà di bene.

L’economia circolare fa un passo in più grazie allo sviluppo di prodotti pensati per essere scomposti e riciclati dopo l’uso promuovendo anche l’utilizzo di energie rinnovabili. Anche questo movimento, nato una decina d’anni fa, ha ormai raggiunto il grande pubblico ed è destinato a imporsi come tendenza di primaria importanza nei prossimi decenni. E coniuga sharing con impatto ambientale.

  • Per investire sull’economia circolare esiste al momento un solo prodotto venduto in Italia: si tratta di Decalia Circular economy lanciato a giugno 2018 da Decalia asset management. In portafoglio ha 8 settori specifici: l’economia della condivisione e della funzionalità, la prevenzione e la diagnostica, la nutrizione, le energie rinnovabili e le reti intelligenti, il trattamento e il riciclaggio dei rifiuti, la gestione delle risorse idriche, i materiali industriali “verdi” e intelligenti e Industria 4.0.
  • Per investire sulla sharing economy la scelta più diversificata da fare è quella di un fondo globale specializzato in tecnologia.

La top ten dei fondi azionari tecnologia nel primo semestre 2018

ProdottoRendimento YTDRendimento 3y
AXA World Funds - Framlington Digital Economy I Capitalisation USD23,78%---
GAM Star Fund plc - GAM Star Technology Class USD Accumulation22,73%13,90%
Jpm Us Technology D (acc) - Usd19,85%18,70%
BlackRock Global Funds - World Technology Fund E218,12%19,66%
Vitruvius Growth Opportunities B USD16,94%16,69%
T. Franklin Technology Fund Eur Classe A (acc)16,54%18,12%
Allianz Global Investors Fund - Allianz Global Artificial Intelligence IT EUR16,48%---
Polar Capital Funds PLC - Polar Capital Global Technology Fund I Income16,04%21,29%
Parvest Disruptive Technology Privilege-Distribution15,42%16,50%
UBS (Lux) Equity Fund - Global Multi Tech (USD) Q-acc15,21%20,11%
Nella tabella, i fondi azionari che investono sulla tecnologia a livello globale ordinati per rendimento da gennaio a giugno 2018. Fonte: Morningstar. Dati in euro.

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Note

Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.

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Autore

Roberta Caffaratti

Roberta Caffaratti

Competenze:
Giornalista segue da oltre 20 anni le dinamiche del mercato del risparmio gestito, della consulenza finanziaria e dei protagonisti del mondo degli investimenti. Per Online SIM scrive di scenari e storie di mercato, megatrend e idee di investimento, educazione finanziaria.

Esperienza:
É stata caporedattore di Bloomberg Investimenti e poi vicecaporedattore di Panorama Economy (Gruppo Mondadori).
Nel 2015, dopo la lunga carriera nella carta stampata economica, è passata alla comunicazione come responsabile delle attività di editoria aziendale e di content marketing di Lob Pr+Content occupandosi di progetti editoriali in diversi settori (risparmio, finanza, assicurazioni).
Dal 2015 cura la redazione dei contenuti del Blog di Online SIM, che oggi conta oltre 1200 articoli.

Formazione:
Ha una laurea in lingue e letterature straniere e una specializzazione in giornalismo.

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