Le cronache narrano di una seconda metà di maggio di fuoco, acceso da una molteplicità di fattori ed alimentato da una certa dose di emotività e cinismo, ma che si sta gradualmente spegnendo. Già mercoledì 30 maggio Piazza Affari mostrava evidenti segni di ripresa, contestualmente all’innalzarsi di voci circa l’avvio di un governo politico con un ministro dell’Economia diverso da quello, più o meno debitamente, tacciato di euro-scetticismo. Il periodo a cui abbiamo assistito trova però solo parziale riscontro nell’andamento grafico di mercato.

Ripercorrendo le vicende giorno per giorno, dovremmo tornare a metà maggio, quando Moody’s ha avanzato l’ipotesi di declassare il rating italiano per i danni sui conti pubblici che si sarebbero potuti verificare a fronte dell’introduzione del “reddito di cittadinanza”, presente nel programma che in quei giorni si andava delineando. I fondi hedge intuendo il possibile marasma hanno contribuito ad alimentarlo: hanno acquistato Bonos e venduto allo scoperto Btp, puntando al differenziale che si è poi generato tra i due titoli.

Il veto sul ministro dell’economia ha dato enfasi e rilievo internazionale all’idea che in Italia potesse progressivamente prendere piede un’impostazione politica non pro-UE, con un peso evidentemente superiore alla capacità del Quirinale di contenere lo spirito sovranista. Niente di meglio per i fondi pensione asiatici, che hanno inondato i book di ordini di vendita sui Btp. Il FTSE Mib cede il 2% e circa 12 miliardi di capitalizzazione vanno in fumo. Fin qui nulla di eclatante, se non che lo spread subisce un’impennata conquistando rapidamente i 230 punti, mentre il rendimento dei Btp a 2-3 anni cresce di più rispetto a quello dei titoli a 5-10 anni (utilizzati per calcolo consueto dello spread). Un segnale, questo, che viene percepito come un campanello di allarme dagli operatori del mercato.

È quindi scattata una sorta di panic selling, ai danni dei Btp e dei titoli bancari che ne hanno piena la pancia, e a favore di Bund e di T-Bond, i primi percepiti come sicuri ed i secondi con grasse cedole. Con lo spread ulteriormente salito a 320 punti sono scattati gli stop loss automatici fissati dalle gestioni passive (ad oggi appannaggio delle grandi gestioni).

La nascita del governo politico ha poi fornito la ragione, o la scusa, per rientrare nel seminato, permettendo il riacquisto dei Btp ed il conseguente raffreddamento dei rendimenti.

Lo spread non è ancora rientrato sui livelli di un mese fa, e probabilmente non ci tornerà nel breve termine, e per questo vale la pena approfondire il fenomeno e prendere in considerazione alcune osservazioni.

In primo luogo è opportuno precisare che i mercati dì per sé non hanno né ragione né torto, ma semplicemente raccolgono e riassumono la complessità di scelte, totalmente opportunistiche, che spesso trovano ragione d’essere in logiche puramente speculative e che poco hanno a che fare con scelte di investimento tattico e di pianificazione finanziaria in un’ottica di lungo periodo. Per dirlo in parole povere, non vendo Btp perché dubito della solvibilità dell’Italia, ma perché ritengo che gli altri operatori si muoveranno in tal senso. Se poi si pensa al peso che le cosiddette mani forti ed i grandi investitori istituzionali possono assumere muovendo grandi volumi di asset, il gioco è fatto. In questa tempesta si sono avvicendati diversi attori di questo tipo: gli hedge fund, i fondi pensione ed i passivi, che nell’operare si sono reciprocamente influenzati, senza tenere in debita considerazione l’analisi dei fondamentali, dei dati macro e degli outlook economici.

In tal proposito possiamo snocciolare alcuni numeri che sono stati pubblicati proprio durante i giorni della crisi:

  • +1.4% è la variazione del Pil italiano annualizzato del primo trimestre del 2018, che equivale ad un avanzamento dello 0.3% rispetto al trimestre precedente. Il dato risulta in linea con i livelli attesi.
  • Sul lato occupazione le statistiche relative mostrano un quadro stabile; aumenta però il numero degli occupati in termini assoluti, che sfondano il tetto del 2008 e che aggiornano il picco dagli anni Settanta, massimo nel periodo di cui si tengono gli archivi; calano gli inattivi, cioè coloro che restano ai margini del mercato del lavoro non percependo la possibilità di lavorare.
  • Abbiamo poi la produzione industriale italiana, il saldo della bilancia commerciale e l’indice dei prezzi al consumo, tutti in crescita e ben oltre le stime.
  • Il livello di fiducia delle aziende è stabile rispetto ad aprile, e non si è quindi registrato il calo che era stato preventivato.

Un altro elemento da rammentare è che situazioni di forte volatilità possono innescare meccanismi automatici che mietono molte vittime, non solo le borse: che sia il debito pubblico, una valuta in particolare o una materia prima, un’area geografica o un settore, poco importa. La storia della finanza è costellata di speculazioni, scoppi di bolle e altri shock, e l’aspetto emotivo può avere implicazioni non trascurabili sui mercati come in qualsiasi altro luogo del vivere umano. C’è però uno spiraglio di luce: un’adeguata diversificazione di portafoglio può fare la differenza, e processi ben strutturati e supportati da appropriati strumenti tecnologici nella costruzione di portafoglio possono contribuire a mantenere un atteggiamento mentale lucido e razionale di fronte alle tempeste che, inevitabilmente, si manifestano.

È questa la lezione che ci lascia la vicenda spread, da tenere bene a mente in vista delle prossime evoluzioni del mercato, che probabilmente vedranno un aumento della volatilità e della decorrelazione degli asset, soprattutto alla luce delle prossime manovre di politica monetaria. La fine del Quantitative easing, che sembra profilarsi all’orizzonte, sarà un vero banco di prova. Il ritirarsi della marea (la liquidità) permetterà di vedere chi riuscirà ancora a galleggiare e chi rimarrà incagliato.

 

Note

Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.

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Autore

Luca Lodi

Luca Lodi

Competenze:
Head of R&D di FIDA, Finanza Dati Analisi, ha maturato competenze in quantitative finance, risk management, asset allocation, risparmio gestito, compliance, consulenza finanziaria e comunicazione. Coordina le attività di ricerca-sviluppo e formazione del gruppo (FIDAmind). Sviluppa metodologie quantitative per l'analisi di portafoglio, di strumenti e mercati finanziari.

Esperienza:
Coordina l’ufficio studi FIDA che realizza studi ed analisi ad ampio spettro utilizzando trasversalmente metodologie quantitative, tecniche e fondamentali. Docente presso l'Università di Torino (Scuola di Management ed Economia), si occupa di analisi quantitativa dei dati finanziari. Giornalista pubblicista, collabora con diverse testate editoriali.
Negli anni precedenti ha collaborato con ADB S.p.A come responsabile del settore Banche Dati e poi dell’Ufficio Studi.

Formazione:
Ha una laurea in Economia. Ha frequentato diversi corsi di specializzazione tra i quali “Global Asset Allocation” (SDA Bocconi), Frontiers In Fianancial Markets Mathematics (Università di Bologna).

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