Si è da poco concluso un mese contraddistinto da una rottura con quello precedente. L’attuale congiuntura si mostra particolarmente favorevole per l’equity, che sta vivendo un rally sostenuto, ed una condizione globalmente positiva, pur variegata, per il debito.
Per quanto riguarda i listini azionari, sul podio troviamo Istanbul che avanza di quasi il 9%, Dublino e Tokyo a +5% circa. Degne di nota le performance dei Paesi scandinavi, ma anche dell’Europa in generale. Gli Usa avanzano di un discreto 1-2%. Complessivamente i listini si sono mossi bene, con poche eccezioni rappresentate principalmente da alcune piazze asiatiche minori, con un impatto trascurabile su un portafoglio ben diversificato. La gestione attiva sul capitale ha generato risultati in linea con le attese, come evidenziato dagli indici di categoria per specifiche zone geografiche che non si discostano di molto dal mercato di riferimento. La dispersione dei risultati è in contrazione rispetto ad agosto e dai ranking provvisori evidenziano una sostanziale indipendenza dalle dimensioni societarie.

L’analisi per settori mostra soddisfacenti allunghi per la finanza, energia (anche da fonti alternative) ed utilities. I settori in rosso sono numericamente pochi, ma non possiamo non menzionare i pesanti affondi di oro, biotech e pharma, presumibilmente diffusi – ed anche con un certo peso – tra i portafogli degli investitori.
Le dinamiche sui bond, invece, non si discostano in misura significativa dal mese precedente. Le classifiche, come spesso accade, sono fortemente influenzate dagli sviluppi sul Forex. Il rafforzamento della sterlina inglese oggi ne è il principale esempio. Il debito cinese genera buoni ritorni, e probabilmente trascina i comparti focalizzati sugli emergenti in generale. Gli high yield premiano rispetto agli investment grade, così come le scadenze brevi rispetto quelle lunghe. Bene i convertibili – come lecito attendersi – mentre gli indicizzati all’inflazione ritracciano. Nel complesso la componente obbligazionaria di un portafoglio ben diversificato dovrebbe aver giovato dai movimenti delle ultime settimane, nonostante l’indebolimento dell’euro abbia sicuramente contratto i risultati potenziali.

Analisi di mercato: la diversificazione è l’arma vincente

Settembre è stato un mese importante e denso di eventi e novità circa la politica monetaria delle aree più sviluppate economicamente. La Bce ha annunciato un QE2, un nuovo programma di acquisto titoli da 20 milioni al mese per il quale non è stata stabilita una scadenza, ed un taglio dei tassi sui depositi di 10 punti base. Nonostante i mercati abbiano gradito la misura – in parte già scontata dopo le dichiarazioni del presidente della banca centrale finlandese di metà agosto – non mancano le perplessità circa i benefici che tali iniziative possono avere in termini di credito e di consumi. Non solo: gli effetti collaterali su pensioni, banche e assicurazioni, nonché eventuali bolle speculative, potrebbe aggravarsi. Ovviamente le repliche dei vertici della Bce non hanno tardato ad arrivare: il direttore generale della politica monetaria della Banca centrale europea ritiene, infatti, che senza il sostegno della politica monetaria l’Eurozona sarebbe già in recessione.

Ma le parole maggiormente impattati sono indubbiamente quelle con cui Mario Draghi ha sottolineato come la politica monetaria – da sola – potrebbe non essere sufficiente, ma che è di primaria importanza i governi dei singoli Paesi spendano di più per fare fronte al rallentamento globale dell’economia. Nella seconda metà di settembre la Federal Reserve, come da attese, ha tagliato i tassi di 25 punti base. Ora il nuovo intervallo di riferimento è tra 1.75 e 2%. Ad oggi il Fomc pare diviso: sette membri puntano a un ulteriore taglio entro fine anno, cinque invece sarebbero propensi a lasciarli ora invariati.

In ogni caso è indubbio che questo autunno inizia sotto l’ala protettiva delle banche centrali, disposte ad inondare il sistema di nuova liquidità che inevitabilmente contribuirà a sostenere i corsi azionari ed anche i bond. Nelle ultime settimane la volatilità è lievemente aumentata, e questo ci fa da monito. Difficile stabilire nel lungo termine quali asset class beneficeranno maggiormente della politica accomodante, pertanto la costruzione di un portafoglio di investimento relativamente stabile, non gravato da costi eccessivi legati a rotazione e ribilanciamenti, dovrà prevedere una buona diversificazione ed un margine di liquidità per approfittare delle possibili fiammate e delle prossime occasioni di acquisto.

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Note

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Luca Lodi

Luca Lodi

Competenze:
Head of R&D di FIDA, Finanza Dati Analisi, ha maturato competenze in quantitative finance, risk management, asset allocation, risparmio gestito, compliance, consulenza finanziaria e comunicazione. Coordina le attività di ricerca-sviluppo e formazione del gruppo (FIDAmind). Sviluppa metodologie quantitative per l'analisi di portafoglio, di strumenti e mercati finanziari.

Esperienza:
Coordina l’ufficio studi FIDA che realizza studi ed analisi ad ampio spettro utilizzando trasversalmente metodologie quantitative, tecniche e fondamentali. Docente presso l'Università di Torino (Scuola di Management ed Economia), si occupa di analisi quantitativa dei dati finanziari. Giornalista pubblicista, collabora con diverse testate editoriali.
Negli anni precedenti ha collaborato con ADB S.p.A come responsabile del settore Banche Dati e poi dell’Ufficio Studi.

Formazione:
Ha una laurea in Economia. Ha frequentato diversi corsi di specializzazione tra i quali “Global Asset Allocation” (SDA Bocconi), Frontiers In Fianancial Markets Mathematics (Università di Bologna).

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