La classificazione SFDR ha come obiettivo la standardizzazione dei fondi sostenibili. Scopri cos’è e come funziona.
- Cos’è la classificazione SFDR
- Cosa prevede
- Differenze tra Sustainable Finance Disclosure Regulation e Corporate Sustainability Reporting Directive
- Classificazione Sfdr e fondi ESG
Cos’è la classificazione SFDR
La classificazione SFDR è il sistema introdotto dall’Unione Europea per rendere trasparenti le scelte di sostenibilità dei prodotti finanziari. Nata con il Regolamento 2019/2088, l’SFDR aveva come obiettivo quello di spiegare agli investitori se e come i gestori integrano criteri ESG (ambientali, sociali e di governance) nei loro portafogli.
Con la proposta di riforma SFDR 2025, il quadro cambia in modo significativo. Bruxelles ha scelto di superare la definizione univoca di “finanza sostenibile”, ritenuta troppo generica e difficile da applicare in modo coerente nel mercato europeo. Al suo posto, la nuova SFDR introduce categorie di prodotto più chiare e orientate agli obiettivi reali dei fondi.
Il cuore della riforma è la nascita di tre nuove tipologie di classificazione, che sostituiscono le vecchie logiche degli articoli 8 e 9:
- Articolo 7 – Prodotti di transizione: fondi che investono in imprese o progetti non ancora sostenibili, ma con un piano di transizione credibile.
- Articolo 8 – Prodotti con requisiti di sostenibilità integrati: fondi che includono criteri di sostenibilità nella selezione e nella gestione dei rischi, con standard più chiari e uniformi.
- Articolo 9 – Prodotti con obiettivi di sostenibilità: fondi che perseguono esplicitamente finalità ambientali o sociali misurabili.
Questa nuova impostazione punta a semplificare, ridurre le ambiguità interpretative e rendere più trasparente al risparmiatore ciò che un fondo fa davvero sul fronte della sostenibilità.
Cosa prevede
La riforma 2025 del regolamento SFDR ridefinisce in modo profondo i requisiti per classificare un fondo come sostenibile. Le nuove regole puntano a garantire maggiore coerenza nel mercato e a contrastare il rischio di greenwashing.
Ecco le principali novità operative:
1. Nuovi criteri minimi: almeno il 70% degli asset deve rispettare gli standard ESG
Per rientrare negli articoli 7, 8 o 9, un prodotto finanziario deve investire almeno il 70% del portafoglio in attività conformi ai requisiti di sostenibilità stabiliti dall’UE. Si tratta di una soglia più alta e più chiara rispetto alla disciplina precedente.
2. Esclusioni obbligatorie
Tutte le categorie devono evitare investimenti in:
- produttori di armi controverse
- settore del tabacco
- alcune attività legate ai combustibili fossili
- imprese coinvolte in violazioni gravi di standard internazionali
Queste esclusioni diventano la base comune di tutte le strategie che vogliono ottenere un’etichetta SFDR.
3. Stop ai PAI (Principal Adverse Impact)
Uno dei cambiamenti più rilevanti è la scomparsa dei PAI, gli indicatori sugli impatti negativi degli investimenti. Niente più obbligo per i gestori di misurare e rendicontare annualmente questi effetti. La semplificazione riduce gli oneri amministrativi, ma di fatto indebolisce il principio “Do no significant harm”, che garantiva una valutazione uniforme dei rischi ESG.
4. Semplificazione della rendicontazione
Non sarà più obbligatorio comunicare la quota di investimenti allineati alla Tassonomia UE, finora una delle richieste più complesse e costose della normativa.
5. Regole più rigide per i nomi dei fondi
La riforma introduce limitazioni all’uso di termini come “sostenibile”, “ESG”, “green”, “impact” nei prodotti che non rientrano nelle categorie ufficiali. L’obiettivo è ridurre gli abusi di marketing e tutelare gli investitori retail.
6. Possibili esenzioni per i prodotti destinati ai soli investitori professionali
Fondi alternativi riservati ai professionisti potrebbero non essere soggetti agli obblighi delle nuove etichette, creando un quadro più flessibile per gli investitori istituzionali.
Differenze tra Sustainable Finance Disclosure Regulation e Corporate Sustainability Reporting Directive
La Sustainable Finance Disclosure Regulation (SFDR) e la Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD) sono entrambe normative dell’Unione Europea volte a promuovere la trasparenza e la sostenibilità, ma si rivolgono a soggetti diversi e hanno finalità complementari. Vediamo nel dettaglio le differenze principali.
Le differenze tra le normative SFDR e CSRD
| Caratteristica | SRDR | CSRD |
|---|---|---|
| Ambito | Settore finanziario | Imprese di grandi dimensioni |
| Soggetti obbligati | Gestori di fondi e istituzioni finanziarie | Imprese e società quotate |
| Obiettivo | Trasparenza degli investimenti sostenibili | Rendicontazione degli impatti ESG aziendali |
| Informazioni richieste | Rischi di sostenibilità dei prodotti finanziari | Impatto dell'attività aziendale su ambiente e società. |
| Standard | Classificazione fondi (art. 6, 8, 9) | Reportistica dettagliata |
| Finalità | Proteggere gli investitori e contrastare il greenwashing | Guidare la sostenibilità aziendale |
Classificazione SFDR e fondi ESG
Il legame tra la classificazione SFDR e i fondi ESG è evidente soprattutto se si guarda all’obiettivo che è comune: promuovere la sostenibilità. La classificazione SFDR punta alla standardizzazione dei fondi sostenibili e dovrebbe rendere agli investitori la vita più facile nella scelta dei prodotti ESG. Tuttavia le tre categorie in cui sono stati divisi i fondi sono molto ampie e già oggi difficilmente confrontabili.
Nella scelta del miglior fondo adatto a ciascun investitore viene in aiuto la normativa Mifid II che da gennaio 2023 deve tenere conto ancora di più delle preferenze di sostenibilità di un investitore che dovranno corrispondere a ciò che si trova nel portafoglio del fondo. Insomma, avere chiari gli obiettivi di sostenibilità (ambiente, inclusione per esempio) che si hanno aiuterà a fare la scelta giusta.
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Note
Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.
*Articolo pubblicato ad aprile 2022 e sottoposto a successive revisioni

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