Dalla produzione di auto elettriche ai sistemi di difesa, le terre rare sono diventati fondamentali per le economie avanzate e, al tempo stesso, strumenti di pressione nelle nuove dinamiche del commercio internazionale. Mentre i mercati finanziari osservano con attenzione le tensioni tra USA e Cina, l’Europa cerca una via per sottrarsi a una dipendenza pericolosa. E gli investitori iniziano a chiedersi: quali saranno le ricadute sui portafogli di investimento?

Cosa sono le terre rare

Le terre rare sono un gruppo di 17 elementi chimici, tra cui neodimio, disprosio e samario, che condividono caratteristiche simili e vengono spesso trovati insieme in natura. Essenziali per la produzione di magneti ad alte prestazioni, sono impiegati in turbine eoliche, veicoli elettrici, smartphone, chip, droni e tecnologie militari avanzate.

Separare e raffinare questi elementi è un processo complesso e costoso. E sebbene diversi Paesi abbiano riserve significative, come Brasile, Australia e India, è la Cina a detenere il controllo pressoché totale della filiera, lavorando oltre il 90% delle terre rare a livello globale.

La nuova guerra fredda

Definire la competizione tra USA e Cina una “nuova guerra fredda” è forse impreciso: oggi le economie sono profondamente interdipendenti. Tuttavia, questa “guerra codipendente” si gioca anche e soprattutto sulle terre rare. Le restrizioni all’export imposte da Pechino nell’aprile 2024 su sette elementi chiave hanno messo in allarme il Pentagono e fatto tremare le supply chain occidentali.

Il motivo è semplice: senza terre rare, gli Stati Uniti non possono costruire aerei da guerra, droni o veicoli elettrici. Per Washington, la mossa cinese è sembrata un chiaro segnale di forza, una risposta alle tariffe americane e ai controlli sull’export di chip avanzati. Ma anche un modo per forzare la mano in un momento di tensioni crescenti. Una situazione che ha portato la Casa Bianca a fare parziali marce indietro, sospendendo temporaneamente i dazi più pesanti.

Cosa rischia l’Europa

L’Europa è forse l’anello più debole in questo scenario. Secondo i dati della Commissione europea, il 98% delle terre rare usate nell’Unione proviene dalla Cina. Un dato allarmante, considerato il ruolo cruciale di questi materiali per settori strategici come l’automotive e l’energia verde.

L’UE ha reagito con il Critical Raw Materials Act, fissando l’obiettivo di lavorare internamente almeno il 40% dei minerali critici entro il 2030. Anche l’Italia, con il Programma nazionale di esplorazione mineraria, punta a riaprire miniere in 11 regioni. Ma si tratta di strategie a lungo termine. Nel breve, l’industria europea resta esposta a colli di bottiglia e ritardi: da Volkswagen a Mercedes, diversi produttori hanno già segnalato interruzioni nella supply chain a causa delle licenze cinesi sempre più difficili da ottenere.

La Cina, dal canto suo, continua a rafforzare il proprio monopolio non tanto sull’estrazione quanto sulla raffinazione e sulla produzione di magneti finiti. E i segnali arrivati dal governo cinese, che ha ricordato come il controllo su beni a duplice uso sia un diritto sovrano, non fanno presagire una rapida inversione di tendenza.

Le conseguenze sugli investimenti

In questo contesto, la questione delle terre rare è destinata a pesare sempre di più sulle scelte di investimento. I fondi comuni esposti ai settori più colpiti – come automotive, tecnologia, difesa e green energy – devono fare i conti con l’aumento dei costi di produzione, l’incertezza sulle forniture e le tensioni geopolitiche. In particolare, secondo l’analisi di Goldman Sachs:

  • Le imprese occidentali potrebbero essere tentate di rilocalizzare in Cina per garantirsi stabilità, ma si tratterebbe di una mossa rischiosa in un contesto di “decoupling” strategico.
  • Si aprono opportunità per chi investe in soluzioni di de-risking: dalle aziende minerarie alternative (in Australia, Canada, Africa) a quelle impegnate nello sviluppo di motori rare-earth free o nel riciclo di materiali strategici.

IDEE DI INVESTIMENTO

La geopolitica delle terre rare è destinata a rimanere al centro delle strategie industriali e finanziarie globali. Monitorare l’evoluzione della supply chain e valutare l’esposizione settoriale dei fondi sarà fondamentale per evitare rischi e intercettare opportunità. Perché, in un mondo sempre più polarizzato, anche un gruppo di elementi sconosciuti al grande pubblico può spostare gli equilibri globali.

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Note

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Autore

Roberta Caffaratti

Roberta Caffaratti

Competenze:
Giornalista segue da oltre 20 anni le dinamiche del mercato del risparmio gestito, della consulenza finanziaria e dei protagonisti del mondo degli investimenti. Per Online SIM scrive di scenari e storie di mercato, megatrend e idee di investimento, educazione finanziaria.

Esperienza:
É stata caporedattore di Bloomberg Investimenti e poi vicecaporedattore di Panorama Economy (Gruppo Mondadori).
Nel 2015, dopo la lunga carriera nella carta stampata economica, è passata alla comunicazione come responsabile delle attività di editoria aziendale e di content marketing di Lob Pr+Content occupandosi di progetti editoriali in diversi settori (risparmio, finanza, assicurazioni).
Dal 2015 cura la redazione dei contenuti del Blog di Online SIM, che oggi conta oltre 1200 articoli.

Formazione:
Ha una laurea in lingue e letterature straniere e una specializzazione in giornalismo.

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