Le forti tensioni fra Usa e Iran per l’attacco agli impianti petroliferi in Arabia Saudita del 14 settembre 2019 attribuito a Teheran che ha negato il suo coinvolgimento, continuano a spingere il prezzo del petrolio che è arrivato a 65 dollari al barile. Secondo gli analisti di Bloomberg, siamo solo all’inizio di una fiammata che potrebbe portare a un rialzo dell’oro nero del 10% – intorno a quota 70 dollari – da qui a fine anno, a fronte di una riduzione dell’offerta pari a circa il 5%. A poco sembrano servire i segnali di distensione arrivati dal presidente iraniano, Hassan Rohani, che all’Assemblea generale dell’Onu di New York ha presentato il 23 settembre 2019 il suo piano di pace definito “Coalizione per la speranza”. Di cosa si tratta? In pratica, Rohani con questo piano di pace lancia un messaggio forte al presidente americano Donald Trump, che ha aumentato le forze militari in campo nei Paesi del Golfo, dichiarando con forza che i paesi dell’area sono perfettamente in grado di mettere al sicuro da soli il Golfo Persico e lo Stretto di Hormuz.

Il botta e risposta Rohani-Trump ha riportato in primo piano il rischio geopolitico petrolio che da maggio 2019 preoccupa i grandi investitori e che, da agosto 2019, ha assunto i contorni di una vera e propria crisi facendo tornare alla memoria le tensioni pre Guerra del Golfo. Il risiko del petrolio vive di minacce e contro minacce a cui seguono dichiarazioni distensive che incidono direttamente sul prezzo del greggio. Per Esty Dwek, Head of Global Market Strategy Dynamic Solutions di Natixis Investment Managers, il prezzo del petrolio è in balia dei rischi geopolitici nonostante il colosso energetico saudita Aramco abbia confermato l’impegno a riportare la produzione di petrolio a pieno regime entro la fine di settembre, ripristinando la quota di 5,7 milioni di barili al giorno. «La questione è quanto tempo ci vorrà affinché l’offerta torni su livelli normali: inizialmente si pensava che il recupero fosse lento, ma successivamente sono stati ipotizzati solo pochi giorni», ha detto Dwek. «Il premio per il rischio geopolitico, praticamente ignorato dai mercati che negli ultimi mesi hanno focalizzato la loro attenzione sulla crescita, può però incidere sul livello futuro delle quotazioni». Questo vuol dire che, anche se abbiamo già visto un ribasso, probabilmente i prezzi non torneranno al livello precedente, a causa delle ulteriori tensioni geopolitiche o altri eventi negativi.

Per gestori e analisti è ormai chiaro che la strategia della pressione del presidente Trump, cominciata nel 2015, ha indebolito l’Iran e ostacolato la sua economia come previsto. Ma ha anche reso il Paese di Rohani più pericoloso, spingendolo a rispondere in modi non convenzionali e difficili da contrastare. Il risultato? L’Iran è indebolito ma tiene l’economia mondiale in ostaggio con due schieramenti che si fronteggiano:  da una parte ci sono Trump, Arabia Saudita e Israele che spingono verso un ulteriore indebolimento; dall’altra ci sono Europa e Asia che cercano di portare l’Iran sulla strada della diplomazia grazie all’apertura di linee di credito. «Una cosa da tenere a mente è che l‘Arabia Saudita, e la maggior parte degli esportatori di petrolio, accoglierebbe positivamente un aumento dei prezzi in grado di dare respiro ai loro bilanci», ha aggiunto Dwek. «Non si può dire la stessa cosa per gli Stati Uniti che considerano il prezzo del greggio come una tassa sul consumatore».

IDEE DI INVESTIMENTO

In generale, gli analisti si aspettano un rialzo dei prezzi del greggio a fronte di un rischio geopolitico in aumento. Per gli strategist di Morgan Stanley il prezzo è avviato verso 90 dollari, mentre per Marko Kolanovic, global head of macro quantitative and derivatives strategy di Jp Morgan, considerato un guru delle materie prime, il barile può arrivare tra 80 e 85 dollari, ma in alcune sale operative si comincia a sussurrare che l’oro nero possa correre fino quota 100 dollari. Un valore elevato del prezzo del petrolio ha un impatto maggiore sulla componente azionario di un portafoglio ben diversificato. In fasi come queste, è bene riconsiderare la propria asset allocation sempre in coerenza con gli obiettivi e la durata dell’investimento.

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Note

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Autore

Roberta Caffaratti

Roberta Caffaratti

Competenze:
Giornalista segue da oltre 20 anni le dinamiche del mercato del risparmio gestito, della consulenza finanziaria e dei protagonisti del mondo degli investimenti. Per Online SIM scrive di scenari e storie di mercato, megatrend e idee di investimento, educazione finanziaria.

Esperienza:
É stata caporedattore di Bloomberg Investimenti e poi vicecaporedattore di Panorama Economy (Gruppo Mondadori).
Nel 2015, dopo la lunga carriera nella carta stampata economica, è passata alla comunicazione come responsabile delle attività di editoria aziendale e di content marketing di Lob Pr+Content occupandosi di progetti editoriali in diversi settori (risparmio, finanza, assicurazioni).
Dal 2015 cura la redazione dei contenuti del Blog di Online SIM, che oggi conta oltre 1200 articoli.

Formazione:
Ha una laurea in lingue e letterature straniere e una specializzazione in giornalismo.

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