L’Opec con la decisione di tagliare per la prima volta in otto anni la produzione ha ripreso il ruolo di guida nel mercato del petrolio e il prezzo del greggio è arrivato ai massimi del mese di settembre venerdì 30, toccando quota 48,7 dollari. Ma siamo ben lontani dai 50 dollari considerati il prezzo giusto per l’equilibrio del mercato mondiale e soprattutto, la fiammata è durata appena una settimana. La ragione? Il difficile accordo trovato dall’Opec ad Algeri per il taglio delle quote di produzione fino al 33 milioni di barili è, per ora, solo sulla carta. Una decisione definitiva è attesa il 30 novembre 2016 al vertice ufficiale di Vienna dove è prevista la ratifica dell’accordo annunciato ad Algeri.

Il mercato ci crede e, secondo i calcoli di Goldman Sachs, questo accordo può valere da un minimo di 7 dollari fino a un massimo di 10 dollari al barile, ma solo nella prima metà del 2017. Non c’è, quindi, da fare i salti di gioia nel breve. Sulle quotazioni del petrolio, infatti, pesa il peggioramento delle previsioni diffuse proprio da Goldman Sachs che ha tagliato le stime sul prezzo del greggio nel quarto trimestre 2016 portandole da 50 dollari a 43 dollari al barile a fronte di un’offerta vista in aumento a 400 mila barili al giorno dai 300 mila stimati in precedenza. E per l’Agenzia Internazionale dell’Energia domanda e offerta non saranno in equilibrio prima della fine del 2017.

Prezzo petrolio: perché la Russia non teme più il crollo

Sembra che l’intesa di Algeri non sia destinata a spostare gli equilibri sul mercato del greggio. Per gli analisti di Commerzbank l’effetto sarà minimo perché l’accordo non coinvolge nel taglio Iran, Nigeria e Libia dall’accordo. E non a caso il prezzo del petrolio è subito girato al ribasso il 3 ottobre 2016 dopo che l’Iran ha annunciato un aumento dell’export di greggio nonostante l’accordo siglato all’Opec.

Sempre secondo gli analisti, il problema dell’eccesso di produzione non verrà risolto. Anzi, la mossa dell’Opec è solo un ritorno alla vecchia strategia che ha come obiettivo controllare i prezzi attraverso i volumi di produzione. I primi a non fidarsi sono i russi che non intendono abbassare il livello di produzione. Proprio a settembre i sovietici hanno battuto un nuovo record per l’estrazione di petrolio, aumentando il volume di estrazione fino ad 11,11 milioni di barili al giorno ovvero il 4% in più rispetto al mese precedente, secondo dati del Ministero dell’Energia.

Contro l’obiettivo dell’Opec di congelare la produzione dopo Vienna, gioca la ripresa russa. Il governo russo si aspetta di incassare circa 16 miliardi di dollari dalla privatizzazione delle società petrolifere Rosneft e Bashneft. L’economia russa non andrà incontro a nessun disastro se le quotazioni del petrolio crolleranno nuovamente. I calcoli sono di Elvira Nabiullina, governatrice della Banca Centrale Russa, che ha avuto un ruolo decisivo nella tenuta del Paese e nella ripresa del rublo ed è sicura che l’economia possa tenere sia in uno scenario pessimistico con i prezzi sui 25 dollari al barile, sia in uno scenario ottimistico a 55 dollari. Per Nabiullina l’ideale è un barile a 40 dollari, ma è convinta che la Russia sia pronta ad affrontare qualsiasi oscillazione forte di un debito estero che è diminuito del 30% negli ultimi due anni.

A pagare il conto più salato, dovrebbe essere quindi il colosso Arabia Saudita, principale fautore della politica di prezzi bassi di questi anni, che vedrà la produzione scendere di circa 400 mila barili, seguito da Emirati Arabi (circa 150mila barili in meno) e Iraq (circa 130mila in meno). Libia e Nigeria conserverebbero le quote attuali, mentre l’Iran, il più resistente all’idea di congelare la produzione con l’obiettivo di tornare ai livelli pre-embargo, verrebbe in sostanza accontentato con un piccolo incremento, pari a circa 50mila barili al giorno.

IDEE DI INVESTIMENTO

Prima del vertice di Algeri, gli investitori avevano scommesso sul ribasso del prezzo del petrolio. Dopo l’esito del vertice, che ha sorpreso gli analisti, hanno cambiato idea e sono diventati tutti rialzisti. Come dimostra il prezzo dei Futures WTI che è salito del 2,8% a 44,67 dollari al barile nel corso dell’ultima settimana di settembre fino ad arrivare a 48,24 dollari il 30 settembre (+7,9% rispetto al 30 agosto 2016), il primo aumento dal 2010. Questa fiammata non ha però convinto gli analisti a modificare le previsioni. Société Génerale ha confermato un prezzo del Brent a 50 dollari al barile nel quarto trimestre e a 60 dollari nel quarto trimestre 2017. Goldman Sachs ha tagliato da 50 a 43 dollari nel quarto trimestre con un rialzo fino a 10 dollari nel primo semestre 2017.

Secondo gli analisti di Sanford C. Bernstein & Co. Quale? La crescente domanda di greggio può comunque innescare un nuovo super ciclo dell’oro nero che consentirà agli investitori di trarre profitto dall’aumento dei prezzi. Bisogna solo avere pazienza ed aspettare. Quanto tempo? Almeno un decennio, secondo i calcoli della società di analisi americana, più o meno fino al 2030.

Note

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Autore

Roberta Caffaratti

Roberta Caffaratti

Competenze:
Giornalista segue da oltre 20 anni le dinamiche del mercato del risparmio gestito, della consulenza finanziaria e dei protagonisti del mondo degli investimenti. Per Online SIM scrive di scenari e storie di mercato, megatrend e idee di investimento, educazione finanziaria.

Esperienza:
É stata caporedattore di Bloomberg Investimenti e poi vicecaporedattore di Panorama Economy (Gruppo Mondadori).
Nel 2015, dopo la lunga carriera nella carta stampata economica, è passata alla comunicazione come responsabile delle attività di editoria aziendale e di content marketing di Lob Pr+Content occupandosi di progetti editoriali in diversi settori (risparmio, finanza, assicurazioni).
Dal 2015 cura la redazione dei contenuti del Blog di Online SIM, che oggi conta oltre 1200 articoli.

Formazione:
Ha una laurea in lingue e letterature straniere e una specializzazione in giornalismo.

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1 Commento

  1. 18 Novembre 2016 a 13:38 — Rispondi

    Dicono che il futuro è già qui, solo non equamente distribuito. Dobbiamo guardare nelle tasche del mondo dove le condizioni sono giuste. Visita il Cile oggi e otterrai un assaggio del mondo che potrebbe essere. Nei mesi precedenti Bloomberg ha riferito che il Cile ora ha sufficienti infrastrutture per l’energia solare e che il prezzo dell’elettricità ordinaria arriverà a zero. Alla fine di aprile, c’erano stati 113 giorni di energia a costo zero. In tutto l’anno scorso erano stati 192. Che è in realtà un problema per l’industria. Tali prezzi bassi sono un importante disincentivo per investire e costruire un’infrastruttura più sviluppata. Ecco perché la tecnologia della batteria è così importante – per stoccare l’energia dai luoghi dove è abbondante fino ai luoghi in cui è necessaria. Guardiamo altri scorci del futuro: Tesla ha annunciato recentemente l’intallazione di pannelli solari sui propri tetti. Essi somigliano per niente a pannelli solari. Sembrano belle tegole per la casa.
    La cosa che ha fatto Tesla non è tecnologia rivoluzionaria – proprio come Apple non ha inventato il lettore MP3, ma l’ha reso popolare nell’iPod. Dimostra che la tecnologia e il mercato sono ad un punto dove – potenzialmente – andranno all in sulle energie rinnovabili. È l’inizio del ciclo. Questo è fondamentalmente un altro modo di dire Elon Musk = Henry Ford. Ad esempio, lo sapevate che l’atto del camminare può generare energia – energia cinetica raccolta da speciali pannelli a pavimento mediante induzione elettromagnetica? Una persona in una distanza può generare solo cinque Watt. Ma pensate a qualcosa di simile in una stazione ferroviaria all’ora di punta. È l’inizio di un nuovo ciclo a lungo termine che in definitiva altererà l’industria dell’energia tradizionale.

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