Nella riforma in cinque punti immaginata a luglio di quest’anno dal presidente dell’Inps, Tito Boeri, la flessibilità era uno dei tasselli chiave. Anzi il primo. E l’intervento per rendere flessibile l’uscita in pensione ci sarà. Lo ha promesso il premier Matteo Renzi. Ma dovrà essere compatibile con il quadro dei conti pubblici e degli obiettivi definiti dal Documento di Economia e Finanza (Def) con il quale il governo ha definito le stime per il Paese nel prossimo futuro. A una condizione: la riforma della flessibilità non può incidere sui conti dello Stato.
L’accelerata al cantiere pensioni l’ha data proprio Renzi e l’obiettivo è arrivare a un testo condiviso con il Ministro dell’Economia e della Finanza, Pier Carlo Padoan, entro il 15 ottobre per il varo della Legge di Stabilità. Meno di un mese, dunque, per ridisegnare la vita dopo la fine del lavoro degli italiani.
Ma quali sono i punti chiave della riforma sulla flessibilità in uscita? Secondo le ipotesi più accreditate sono due:
- Opzione Donna: si tratta dell’uscita anticipata dal mondo del lavoro dal 2016 a 62-63 anni, quindi con tre anni di anticipo, e con 35 di contributi. E’ una nuova versione della vecchia ”opzione donna” che prevedrebbe una riduzione dell’assegno legata alla speranza di vita e non più un ricalcolo della pensione su base esclusivamente contributiva. La riduzione è del 10% circa per tre anni di anticipo rispetto all’età di vecchiaia. Un affare contro il 25-30% di taglio che arriverebbe con il sistema contributivo e uno sconto temporale rispetto alla legge Fornero.
- Opzione uomo per disoccupati “Senior”: si rivolge ai lavoratori che perdono l’occupazione a pochi anni dalla pensione. Questa opzione dà la possibilità di prendere l’assegno con 3 anni di anticipo rispetto all’età di vecchiaia (66 anni e 7 mesi dal 2016) con un taglio del valore legato non al ricalcolo contributivo, ma all’equità attuariale, cioè al tempo più lungo di percezione dell’assegno. Allo studio c’è anche il “prestito pensionistico”, che assomiglia a un assegno di solidarietà per le situazioni di maggiore disagio, da restituire una volta che si raggiungono i requisiti di pensione.
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