Sergio Marchionne, amministratore delegato di Fca, e il ceo del progetto Google Car, John Krafcik, hanno cominciato a parlare di costruire insieme l’auto robot del futuro al Consumer Electronics Show (Ces) di Las Vegas a gennaio 2016. Soltanto tre mesi prima Krafcik aveva avuto il mandato di trasformare la Google Car da prototipo di auto senza guidatore a vero e proprio business. E il manager del colosso di Mountain View non ha perso tempo.

Prima di arrivare a Marchionne ha trattato con Ford, ma l’accordo si è arenato non tanto per una questione economica, ma su un punto strategico importante: la condivisione dei dati.
Proprio su questo punto, invece, il matrimonio tra Fca si è celebrato, anche grazie alla decisione di cedere a Google il controllo dei dati che saranno ricavati dai test. Fca dovrebbe realizzare per Google entro la fine dell’anno un centinaio di prototipi con una prima commercializzazione in California. L’auto senza conducente dovrebbe essere una versione del minivan Pacifica a marchio Chrysler presentata al Salone di Detroit a gennaio.

Entro il 2020 in America le auto senza guidatore dovrebbero circolare liberamente. Il mercato potenziale è enorme, secondo i calcoli della società di consulenza Boston Consulting Group, le tecnologie legate all’automazione cresceranno fino a 42 miliardi di dollari entro il 2025, e un quarto sarà rappresentato dalle auto che si guidano da sole entro il 2035.
Tutto questo dipende dalle persone che dovranno comprare i nuovi modelli, e in primo luogo dagli americani dove le vendite cominceranno per prime e dove le regole sul traffico, anche grazie al lavoro di lobbying di Google insieme con Ford e Uber, sono più avanti rispetto al resto del mondo.

La sorpresa è, però, che in media il 70% degli americani non è pronto a lasciare il volante. Lo dicono diverse indagini fatte dalla società di consulenza JD Power, specializzata nelle ricerche di mercato, dalla Texas A&M Transportation Institute, dalla Canadian Automobile Association, e da Kelley Blue Book, la bibbia dell’automotive americano.

In particolare, dall’analisi di Kelley Blue Book il 75% delle persone intervistate dice di non voler possedere una macchina senza guidatore, mentre solo il 40% pensa di utilizzare il pilota automatico, una funzione già disponibile sui modelli Sport Utility e berlina di Tesla e che sarà disponibile prossimamente su modelli di Audi, Volvo, Mercedes e Cadillac (Leggi qui l’approfondimento di Online Sim).

La ricerca di J.D. Power scende ancora più in profondità dividendo il campione per generazioni. Non stupisce che solo il 23% dei Baby Boomers, ovvero i nati tra il 1946 e il 1964, sia favorevole alla guida robotizzata, la percentuale raddoppia al 41% per la Generazione X, i nati tra il 1965 e il 1976, ma fa riflettere che i Millennials siano poco aperti al cambiamento: la generazione Y (1977-1994) e Z (1995-2000) sono favorevoli all’auto robot solo per il 56% e 55%.

La ragione? L’ostacolo più grande è la paura. Le persone che hanno sperimentato sulla propria pelle i difetti e i guai che derivano dai computer non credono che un software possa essere una garanzia di sicurezza. Eppure, secondo le statistiche, il 90% degli incidenti stradali è colpa di un errore umano. I test sulle auto robot, al momento, non aiutano a sedare questo timore irrazionale. L’introduzione graduale di sistemi automatizzati, che sta già avvenendo su modelli di lusso di Audi e Mercedes, può essere un primo importante passo avanti per fare breccia nelle resistenze dei consumatori.

IDEE DI INVESTIMENTO

La robotica e la tecnologia insieme con il settore dei consumi continuano a essere settori di acquisto privilegiati dai grandi gestori americani secondo l’analisi di Morningstar sulle intenzioni di acquisto. Per mettere in portafoglio innovazione tecnologica ecco i tre fondi migliori a tre anni (categoria Morningstar: Azionari settore tecnologia):

  • Fidelity Global Technology Fund Classe E (acc) che a tre anni rende il 18,4% e ha come primo mercato gli Stati Uniti (75% del portafoglio) investendo il 94% del portafoglio in titoli della tecnologia.
  • Threadneedle (Lux) Global Technology AU che a tre anni rende il 18% e investe in tecnologia al 96% e ha come primo mercato gli Stati Uniti (95%).
  • Pictet – Digital Communication Classe R Eur che a tre anni rende il 17,99% e investe il 58% del portafoglio in tecnologia e il 68% negli Stati Uniti.

Note

Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.

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Autore

Roberta Caffaratti

Roberta Caffaratti

Competenze:
Giornalista segue da oltre 20 anni le dinamiche del mercato del risparmio gestito, della consulenza finanziaria e dei protagonisti del mondo degli investimenti. Per Online SIM scrive di scenari e storie di mercato, megatrend e idee di investimento, educazione finanziaria.

Esperienza:
É stata caporedattore di Bloomberg Investimenti e poi vicecaporedattore di Panorama Economy (Gruppo Mondadori).
Nel 2015, dopo la lunga carriera nella carta stampata economica, è passata alla comunicazione come responsabile delle attività di editoria aziendale e di content marketing di Lob Pr+Content occupandosi di progetti editoriali in diversi settori (risparmio, finanza, assicurazioni).
Dal 2015 cura la redazione dei contenuti del Blog di Online SIM, che oggi conta oltre 1200 articoli.

Formazione:
Ha una laurea in lingue e letterature straniere e una specializzazione in giornalismo.

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