Quando lo scenario macroeconomico è così complicato da mandare in tilt i sistemi di analisi tradizionale e da mettere in dubbio le strategie di portafoglio dei fondi, il mercato fa di tutto per cercare certezze, anche osando soluzioni non convenzionali. In che modo? Cercando informazioni anche su mezzi prima non utilizzati o cercando nuovi modi per esaminare il flusso di notizie che muove i mercati. Questo è, in estrema sintesi, ciò che sta accadendo nelle sale operative di tutto il mondo.

In tale contesto, gli analisti di JPMorgan Chase & Co si sono spinti verso il limite della creatività finanziaria e hanno lanciato un indice per misurare l’impatto dei tweet di Donald Trump sui tassi di interesse statunitensi. La ragione? Secondo gli analisti una frase del presidente americano sui social media influenza il costo del denaro, decisamente. L’indice ha un nome che si ispira direttamente al presidente: Volfefe Index, prendendo a prestito il misterioso tweet “covfefe” di Trump e suggerisce che i post del presidente stanno avendo un impatto statisticamente significativo sui rendimenti del Tesoro americano.

Il caso Jp Morgan Chase non è isolato. Anche la società Quants detenuta da Citigroup ha deciso di inviare ai clienti analisi sul mercato valutario che tengano conto delle conversazioni di Trump su Twitter. Accanto ai social media molte società di gestione stanno spingendo sull’utilizzo dell’apprendimento automatico, leggi Big Data, per catturare il sentiment del mercato su tutto, dalla guerra commerciale all’andamento del PIL, dalla Brexit ai tassi. Così il tono di voce di un manager o di un politico sui social media e le informazioni che condividono sono passate al setaccio da algoritmi che in maniera sistematica traggono conclusioni su come questi messaggi possono influenzare il mercato con la stessa serietà con cui si prendono in considerazione i dati di Prodotto interno lordo (PIL) di un Paese.

Resta da vedere se queste strategie siano più efficaci dei metodi convenzionali. Un sostenitore di questo metodo è Vasant Dhar, professore alla Stern School of Business e al Center for Data Science della New York University. Dhar ha fondato SCT Capital negli anni ‘90, uno dei primi hedge fund basati sull’apprendimento automatico e ora gestisce 400 milioni di dollari attraverso il trading computerizzato, utilizzando un programma che cattura non solo i prezzi dei titoli, ma anche i dati economici e il sentiment delle notizie, oltre ai timori del mercato attraverso lo studio della volatilità.

Dhar è il pioniere di una tendenza della gestione che oggi tante società di investimento stanno seguendo con modelli di organizzazione strutturati. Eaton Vance, una delle più antiche società di gestione degli investimenti negli Stati Uniti, ha un team di data science di quattro persone che studia informazioni anonime sulla spesa per carte di credito, il sentiment dei clienti dai social media e i flussi degli Exchange traded fund (ETF) unendo queste informazioni al lavoro di analisi fondamentale dei suoi gestori sui portafogli azionari. Bnp Paribas Asset Management ha un team che studia se il sentiment di mercato che deriva dalle notizie sia in grado di aiutare a definire le strategie di momentum o, addirittura, a fungere da indicatore autonomo. Un team di Deutsche Bank, invece, ha sviluppato modelli che quantificano le attività immateriali di un’azienda, i cosiddetti intangibili, come la cultura aziendale e lo sviluppo dei prodotti mettendoli in relazione a documenti normativi e notizie e sta lavorando allo sviluppo di nuovi prodotti basati sull’intuizione.

Perché lo fanno? Molti gestori sono convinti che i dati chiave su cui i mercati si sono basati in passato non siano più così affidabili, soprattutto sul fronte obbligazionario. Un esempio è la curva di Phillips che misura i rendimenti, un tempo barometro delle prospettive economiche, che secondo molti ha perso il suo margine predittivo dopo lo stimolo monetario senza precedenti delle banche centrali e, anche per questo, un tweet del presidente degli Stati Uniti ha un impatto sul mercato che prima non avrebbe avuto. La guerra commerciale USA-Cina, la Brexit e le tensioni politiche a Hong Kong sono altri importanti punti di incertezza globale che potrebbero causare turbolenze sul mercato e sono condizionati dalle politiche monetarie che, in maniera evidente, stanno indirizzando gli acquisti di debito pubblico, ovvero di obbligazioni, a livello globale.

Il risultato? I guai commerciali hanno ostacolato la lotta della Fed per raggiungere l’obiettivo 2% nonostante il mercato del lavoro negli Stati Uniti sia in crescita con un tasso di disoccupazione che si aggira intorno ai minimi di mezzo secolo. Allo stesso modo, la Banca centrale europea (BCE) è così preoccupata per la sua incapacità di sollevare l’inflazione da aver ha annunciato un nuovo un ampio pacchetto di stimoli monetari. Tutte queste azioni contribuiscono al corto circuito dei modelli tradizionali di previsione e domare l’incertezza è diventato un gioco globale e un esercizio di creatività che mette insieme Big Data e analisi quantitativa.

IDEE DI INVESTIMENTO

La ricerca di metodi alternativi di previsione dell’andamento dei mercati sta spingendo il mercato dei Big Data e dei servizi correlati che, secondo un report di Jp Morgan Chase, vale circa 200 miliardi di dollari nel 2018 (contro circa 130 miliardi del 2017). Al centro di tutto c’è la filosofia quantistica che si basa sul lavoro fatto dal premio Nobel Eugene Fama, l’economista americano noto per la teoria del portafoglio e l’asset pricing. Mettere insieme i dati e trarre le conclusioni è un compito davvero difficile anche perché la mole delle informazioni continua a crescere e, in parte, questa è la ragione per cui i gestori scelgono quasi sempre di affidarsi a un sistema predittivo misto che metta insieme Big Data e analisi qualitativa non tralasciando i segnali visibili all’occhio umano.

Questa evoluzione tecnologica della costruzione dei portafogli non mette in discussione tre punti chiave a cui gli investitori devono attenersi sempre:

  • I rendimenti possono variare notevolmente da un periodo all’altro. Possedere un portafoglio ampiamente diversificato può aiutare ad appianare le oscillazioni.
  • Concentrarsi su driver noti e su trend strutturali con rendimenti attesi più elevati può aumentare il potenziale di successo a lungo termine.
  • Avere una solida strategia di lungo periodo e attenersi ad essa nei momenti positivi e negativi resta un approccio di investimento gratificante.

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Note

Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.

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Autore

Roberta Caffaratti

Roberta Caffaratti

Competenze:
Giornalista segue da oltre 20 anni le dinamiche del mercato del risparmio gestito, della consulenza finanziaria e dei protagonisti del mondo degli investimenti. Per Online SIM scrive di scenari e storie di mercato, megatrend e idee di investimento, educazione finanziaria.

Esperienza:
É stata caporedattore di Bloomberg Investimenti e poi vicecaporedattore di Panorama Economy (Gruppo Mondadori).
Nel 2015, dopo la lunga carriera nella carta stampata economica, è passata alla comunicazione come responsabile delle attività di editoria aziendale e di content marketing di Lob Pr+Content occupandosi di progetti editoriali in diversi settori (risparmio, finanza, assicurazioni).
Dal 2015 cura la redazione dei contenuti del Blog di Online SIM, che oggi conta oltre 1200 articoli.

Formazione:
Ha una laurea in lingue e letterature straniere e una specializzazione in giornalismo.

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