Lo start che ha dato il via alla corsa del prezzo del petrolio è arrivato dopo il fallimento dell’incontro di Algeri dei Paesi OPEC, dove Russia e Arabia Saudita non hanno accolto le richieste di Donald Trump sulla produzione. Il prezzo del barile è tornato sopra gli 80 dollari ma c’è chi ipotizza che, adesso, l’oro nero possa correre fino a 100 dollari nel corso del 2019. E non è una buona notizia per l’economia, in generale. La prima a lanciare l’allarme su questa possibilità è stata BofA Merrill Lynch che nel report dal titolo “Oil Slick”, ovvero “petrolio scivoloso”, a gennaio del 2018 aveva già messo in conto il rischio di un petrolio a 100 dollari.

Al momento gli analisti di BofA Merrill Lynch hanno alzato l’attesa per il prezzo del Brent nel 2019 da 75 a 80 dollari al barile, ma vedono un massimo di 95 dollari entro alla fine del secondo trimestre 2019. Ciò che preoccupa gli analisti è il rallentamento dei mercati emergenti la cui domanda potrebbe crollare se ci fosse una fiammata del greggio. Su questo calo della domanda basa le previsioni Mercuria Energy Group Ltd che ipotizza un rialzo anche fino a 110 dollari al barile. Non sono d’accordo gli analisti Damien Courvalin e Jeffrey Currie di Goldman Sachs per i quali la produzione di altri produttori OPEC e della Russia compenserà le perdite dall’Iran e Trump in vista delle elezioni di mid term sarà pronto a spegnere il prezzo intimando nuovamente ai Paesi OPEC di abbassare il prezzo.

Il rischio in questo scenario è che si ripeta quanto accadde nel 2008 quando i mercati emergenti erano in difficoltà e il petrolio tenne i mercati sotto tensione con continui rally di prezzo e cadute rovinose.

Per un investitore che ha scelto di investire con un’ottica di lungo termine ecco le tre mosse giuste quando il petrolio sale:

  1. Le notizie che possono fare oscillare il prezzo del petrolio sono molteplici: dalle elezioni americane di midterm che si avvicinano, alle sanzioni sull’Iran che deve abbassare la produzione, fino alla crisi di mercati emergenti come il Venezuela e al braccio di ferro dei Paesi OPEC che non intendono abbassare la produzione. Le tensioni geopolitiche possono creare ansia e spingere a fare scelte affrettate di investimento sull’onda delle emozioni. La prima regola è, dunque, mantenere i nervi saldi, tenendo conto della propria propensione al rischio, e dell’orizzonte temporale scelto. Questo può essere un buon momento per fare il check up del portafoglio.
  2. L’aumento del prezzo del petrolio riporta l’attenzione sull’investimento in materie prime. Questa asset class non ha dato grandi soddisfazioni negli ultimi tre anni con l’unica eccezione dei metalli industriali che hanno una performance positiva. Le materie prime energetiche e beni agricoli hanno performance negative dal 2015 al 2018 mentre metalli industriali, oro compreso, e petrolio sono all’inizio di un nuovo ciclo. Si può riconsiderare l’investimento in fondi specializzati in materie prime con un approccio attivo all’asset allocation. In un portafoglio ben diversificato, il peso delle materie prime non deve mai andare oltre il 10% per un investitore che abbia un rischio medio/alto e un orizzonte di lungo termine.
  3. L’aumento del prezzo del petrolio dà anche una spinta ulteriore alle energie alternative che sono uno degli assi portanti nel portafoglio dei fondi che investono secondo criteri ESG. Lo sviluppo del mercato delle rinnovabili in Cina e India, che hanno appena varato un piano di mobilità green, spinge verso un riorientamento del settore energia i due Paesi che sono identificati come i motori dell’economia mondiale. Ma non solo. Il Dieselgate sta portando l’industria automobilistica a ripensare le strategie di produzione puntando su combustibili diversi dal petrolio e verdi. Questa fase di transizione energetica può essere cavalcata con fondi azionari specializzati in energie alternative ma anche con fondi ecologia che seguono criteri ESG. In entrambi i casi l’orizzonte temporale è di almeno 5 anni e il grado di rischio è medi/alto.

 

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Note

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Autore

Roberta Caffaratti

Roberta Caffaratti

Competenze:
Giornalista segue da oltre 20 anni le dinamiche del mercato del risparmio gestito, della consulenza finanziaria e dei protagonisti del mondo degli investimenti. Per Online SIM scrive di scenari e storie di mercato, megatrend e idee di investimento, educazione finanziaria.

Esperienza:
É stata caporedattore di Bloomberg Investimenti e poi vicecaporedattore di Panorama Economy (Gruppo Mondadori).
Nel 2015, dopo la lunga carriera nella carta stampata economica, è passata alla comunicazione come responsabile delle attività di editoria aziendale e di content marketing di Lob Pr+Content occupandosi di progetti editoriali in diversi settori (risparmio, finanza, assicurazioni).
Dal 2015 cura la redazione dei contenuti del Blog di Online SIM, che oggi conta oltre 1200 articoli.

Formazione:
Ha una laurea in lingue e letterature straniere e una specializzazione in giornalismo.

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